COP 15, Valentini (Ipcc), accordo è in realtà un ‘trucco’, meglio una architettura legale Onu alla Conferenza di Copenaghen sul clima…

La struttura dell’accordo di cui ha preso atto la Cop contiene due tabelle, più una terza, da riempire con le cifre relative alla quota di riduzione di emissioni di gas serra che i Paesi dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2010. L’accordo raggiunto è in realtà un ‘trucco’, meglio: ”un’architettura legale, contemplata dall’Onu”, in cui la Conferenza delle parti ”prende nota” che esiste un insieme di Paesi concordi sul punto in questione.

Valentini (Ipcc), accordo è architettura legale Onu

La struttura dell’accordo di cui ha preso atto la Cop contiene due tabelle, più una terza, da riempire con le cifre relative alla quota di riduzione di emissioni di gas serra che i Paesi dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2010.

A dirlo all’ANSA, Riccardo Valentini, l’esperto dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, cioè il panel di scienziati Onu che studiano i cambiamenti climatici), a proposito dell’accordo raggiunto al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Copenaghen.

La prima tabella riguarda ”i Paesi industrializzati, in cui per esempio ricadono gli Stati Uniti.
La seconda è per i Paesi non industrializzati, in cui rientra la Cina”.
La terza tabella fa riferimento agli sforzi finanziari che i Paesi dovranno compiere”.

ACCORDO AL COP16 O FINO AL 2015
Questo ‘accordo’ che può definirsi ”strumento legale” potrebbe avere ”due differenti percorsi”: nel primo potrebbe approdare ”alla Cop16 a Città del Messico, e a questo si sta lavorando, oppure potrebbe essere esteso fino al 2015”. In questo modo l’esperto dell’Ipcc, Riccardo Valentini, parla con l’ANSA dell’accordo raggiunto tra i Paesi presenti al vertice climatico a Copenaghen di cui ha preso atto la stessa Conferenza delle parti.

L’accordo raggiunto sul clima al vertice delle Nazioni Unite a Copenaghen è in realtà un ‘trucco’, meglio: ”un’architettura legale, contemplata dall’Onu”, in cui la Conferenza delle parti ”prende nota” che esiste un insieme di Paesi concordi sul punto in questione.
In ogni caso è stata ”una pietra miliare di un percorso” che potrebbe definirsi ”prove tecniche di comunicazione tra Paesi” sul futuro del Pianeta.

A riferirlo all’ANSA il membro dell’Ipcc per l’Italia Riccardo Valentini, secondo cui a far naufragare ”un impegno maggiore” c’è stato lo zampino del ‘”presidente venezuelano Chavez e dell’organizzazione della Conferenza sotto la presidenza danese”‘.

Alla pleanaria, spiega, ”anche con un solo Paese contrario il testo viene rifiutato”. E di Paesi contrari ce ne sono stati sei, perlopiù dell’America Latina: Nicaragua, Cuba, Venezuela, Ecuador, Bolivia e Tuvalu.
In effetti, continua Valentini, si è giunti alla conclusione di ”un’architettura legale in cui la Conferenza delle parti (la Cop 15 e cioé il vertice climatico stesso) prende nota che esiste un agreement tra i Paesi che volevano l’accordo”.

Un accordo secondo cui i Paesi concordi devono comunicare le proprie quote di tagli di emissioni entro il 31 gennaio 2010.
”Si è lavorato molto per cercare un accordo complesso – osserva Valentini – ma non si poteva pensare di portare gli Usa a prendere delle decisioni vincolanti anche perché sappiamo dei problemi interni di Obama: insomma le aspettative erano troppo alte”.

Proprio, ”nella bozza preparata sotto la guida di Obama c’era l’indicazione di un processo che iniziava da fine gennaio 2010 per consentire ai singoli Paesi di inserire le cifre relative alle riduzioni di emissioni”. Ma, ”lo storico confronto è precipitato nonostante gran parte dell’Africa appoggiasse sostanzialmente l’accordo, così come l’India e la Cina non avesse opposto resistenze”.

Alla base della contrarietà dei sei Paesi principalmente due motivi: ”Il discorso di Chavez – rileva l’esperto – che ha innescato la miccia contro gli Usa e le incertezze, che la dicono lunga sull’organizzazione di questo vertice da parte della presidenza danese, nel coordinare i Paesi del G67 che sono stati poco consultati e coinvolti”. Di sicuro ”si poteva fare di più e lavorare meglio. Per esempio, come l’Italia al G8 de L’Aquila dove è stato fatto di più”.

In ogni caso, conclude Valentini, è stata ”una pietra miliare di un percorso” che potrebbe definirsi ”prove tecniche di comunicazione tra Paesi” sul futuro del Pianeta.

Fonte: ANSA

Fonte: ANSA

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