Corte Costituzionale boccia il “piano casa”.

Con la Sentenza N. 121/2010, la Corte Costituzionale ha accolto i ricorsi dei governatori delle Regioni contro le norme stabilite dagli articoli 11 e 13 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge con modificazioni dall’articolo 1 della legge 6 agosto 2008, riguardante il piano di edilizia abitativa, il c.d. “piano casa”.

Innanzitutto, la Consulta, nel bocciare il provvedimento governativo, ha sottolineato la mancanza della parità di condizioni stato-regioni negli accordi di programma per rendere legittimo l’ uso della potestà legislativa statale in merito al piano nazionale di edilizia abitativa, che invece la stessa disciplina dello Stato prescrive idonee procedure di leale collaborazione, secondo quanto sancito dalla “giurisprudenza di questa Corte (Sentenza n. 303 dell’anno 2003)”.

Al riguardo, la Consulta osserva che nel testo originario dell’art.11, comma 1, del dl 112 del 2008 come convertito in legge, era prevista l’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art.8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province di Trento e Bolzano ed unificazione per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

Ed è proprio dalla mancanza di una reale intesa , sostituita con quella di un parere, che ha originato i ricorsi di gran parte delle Regioni, in quanto lesive delle loro competenze.
La Corte Costituzionale, nella sentenza redatta dal giudice Gaetano Silvestri, ha riunito i ricorsi delle Regioni giudicandoli unitariamente, accogliendo le censure relative all’articolo 11 comma 4 in cui si stabilisce che “decorsi 90 giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono comunque essere approvati”, ovvero nel termine fissato, secondo l’articolo, dal ministero delle infrastrutture e approvati con decreto del presidente del Consiglio previa delibera Cipe, d’ intesa con la Conferenza unificata.
La Consulta ritiene che la norma da una parte preveda uno strumento forte di leale collaborazione, l’intesa, appunto, imposto dall’incidenza del principio di sussidiarietà. Dall’ altra però vanifica la previsione dell’ intesa, in quanto attribuisce a una delle parti un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell’intesa.
“Non è legittima – si legge nella Sentenza della Consulta, citando una propria sentenza del 2007, la drastica previsione , in caso di mancata intesa, della decisività della volontà di una sola delle parti, la quale riduce all’ espressione di un parere il ruolo dell’ altra”.

La Consulta ha giudicato anche l’ incostituzionalità dell’articolo 13, comma 2 della legge 133 nella parte relativa alle procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli Iacp.
La Corte ha osservato come la norma incriminata ricalchi in modo evidente, il contenuto di un’ altra disposizione (art.1, comma 598, della legge n. 266/2005) dichiarata illegittima con la sentenza n. 94/2007. Secondo i giudici della Corte Costituzionale, la formulazione letterale della norma contrasta con la totale libertà “di cui devono godere le regioni nel condurre le trattative per raggiungere gli accordi”.

(LG-Pa-Ro)

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