Corte di giustizia UE: Il progetto di accordo sull’adesione dell’UE alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo non è compatibile con il diritto UE

La Corte si pronuncia sul progetto di accordo sull’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e individua alcuni problemi di compatibilità con il diritto dell’Unione

Parere 2/13 del 18 dicembre 2014

Nel suo parere pronunciato in data odierna, la Corte, dopo aver ricordato che il problema della mancanza di una base giuridica per l’adesione dell’Unione alla CEDU è stato risolto dal Trattato di Lisbona, sottolinea che, poiché l’Unione non può essere considerata uno Stato, l’adesione deve tenere in considerazione le caratteristiche particolari dell’Unione medesima, ciò che è per l’appunto quanto imposto dalle condizioni che gli stessi Trattati hanno stabilito per l’adesione.

Precisato ciò, la Corte osserva anzitutto che, in virtù dell’adesione, la CEDU, al pari di qualsiasi altro accordo internazionale concluso dall’Unione, vincolerebbe le istituzioni di quest’ultima e gli Stati membri e formerebbe dunque parte integrante del diritto dell’Unione. L’Unione sarebbe sottoposta, al pari di qualsiasi altra Parte contraente, ad un controllo esterno avente ad oggetto il rispetto dei diritti e delle libertà previsti dalla CEDU. L’Unione e le sue istituzioni sarebbero dunque assoggettate ai meccanismi di controllo previsti da tale convenzione e, in particolare, alle decisioni e alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo («Corte EDU»).

La Corte constata che è certo inerente alla nozione stessa di controllo esterno il fatto che, da un lato, l’interpretazione della CEDU fornita dalla Corte EDU vincolerebbe l’Unione e tutte le sue istituzioni e che, dall’altro lato, l’interpretazione data dalla Corte di giustizia di un diritto riconosciuto da detta convenzione non vincolerebbe la Corte EDU. Tuttavia, essa precisa che ciò non può valere per quanto riguarda l’interpretazione che la Corte stessa dà del diritto dell’Unione e, in particolare, della Carta.

A questo proposito, la Corte sottolinea che, poiché la CEDU riserva alle Parti contraenti la facoltà di prevedere standard di tutela più elevati di quelli garantiti dalla CEDU stessa, occorre assicurare un coordinamento tra la CEDU e la Carta. Infatti, qualora i diritti riconosciuti dalla Carta corrispondano a diritti garantiti dalla CEDU, occorre che la facoltà concessa dalla CEDU agli Stati membri resti limitata a quanto è necessario per evitare di compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta, nonché il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione. La Corte constata che il progetto di accordo non prevede alcuna disposizione intesa ad assicurare tale coordinamento.

La Corte considera che l’approccio adottato nel progetto di accordo, consistente nell’equiparare l’Unione ad uno Stato e nel riservare ad essa un ruolo del tutto identico a quello di qualsiasi altra Parte contraente, contravviene proprio alla natura intrinseca dell’Unione. Tale approccio non tiene conto del fatto che gli Stati membri hanno accettato che i loro reciproci rapporti, sulle materie oggetto del trasferimento di competenze all’Unione, fossero disciplinati dal diritto di quest’ultima, con esclusione di qualsiasi altro diritto. Imponendo di considerare l’Unione e gli Stati membri come Parti contraenti non soltanto nei loro rapporti con le Parti che non sono Stati membri dell’Unione, ma anche nei loro reciproci rapporti, la CEDU esigerebbe da ciascuno Stato membro la verifica del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, ancorché il diritto dell’Unione imponga la fiducia reciproca tra tali Stati membri. Date tali circostanze, l’adesione può compromettere l’equilibrio sul quale l’Unione si fonda, nonché l’autonomia del diritto dell’Unione. Orbene, l’accordo nulla dispone per prevenire un’evoluzione in tal senso.

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