Discariche nuove ma con regole vecchie, l’Italia condannata dall’UE.

Con la Sentenza della Corte di Giustizia (seconda Sezione) del 10 aprile “Inadempimento di uno Stato – Direttiva 1999/31/CE – Discariche rifiuti –Normativa nazionale relativa alle discariche esistenti-Trasposizione non corretta”, l’Italia è stata condannata sulla gestione dei rifiuti per aver mantenuto in vigore il Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 che traspone non correttamente le disposizioni della direttiva del Consiglio 1999/31/CE.

La condanna sulla gestione italiana dei rifiuti pronunciata dalla Corte di Giustizia europea, si richiama al ricorso presentato dalla Commissione nel 2003 a seguito di un reclamo, contestando il tardivo e incompleto recepimento della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti.

La normativa italiana in materia (decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36) giunge infatti ben oltre il termine prefissato del 16 luglio 2001, consentendo fino al dicembre 2006 lo smaltimento dei rifiuti inerti, non pericolosi e pericolosi nelle nuove discariche secondo le condizioni e i limiti di accettabilità di una deliberazione ministeriale del 1984. Lo stesso decreto lasciava poi alle regioni il compito di elaborare entro un anno dalla sua entrata in vigore un programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili presenti nelle discariche. I giudici rilevano che l’Italia ha deliberatamente scelto di violare le disposizioni comunitarie.

L’Italia ha tentato di giustificare le proprie decisioni con l’esistenza di motivi tecnici e amministrativi che, nel periodo interessato, avrebbero dovuto anche evitare una situazione di disparità per gli operatori economici beneficiari di autorizzazioni preesistenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 36/2003. L’aspetto più grave delle inadempienze contestate all’Italia riguarda la gestione dei rifiuti pericolosi, per i quali l direttiva del 1999 richiedeva l’applicazione di regole più avanzate entro il 16 luglio 2002.

(LG-FF)

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