Docu-film “Dopo la battaglia”: incidenti sul lavoro tra dramma e riabilitazione

Nell’ultima opera di Tommaso Santi quattro uomini segnati da questo dramma si raccontano davanti alla macchina da presa: ricordi e testimonianze di vita per dare un volto a quei morti e feriti che – spiega il regista – “entrano per qualche giorno nelle pagine dei quotidiani e poi spariscono nel nulla.”

Da un lato, c’è chi l’infortunio sul lavoro lo ha subito, lo ha affrontato e oggi – anche a distanza di tanti anni – cerca di conviverci. Dall’altro, ci sono i liceali di un laboratorio teatrale di Prato che provano a raccontare, e a cercare di comprendere, questa realtà a loro estranea. Sono le due facce di “Dopo la battaglia”, il documentario del regista Tommaso Santi – prodotto da Kove, Kulturificio 7 e in collaborazione con Regione Toscana, Cgil Toscana e General video – che intreccia parole e storie per analizzare, in particolare, una dimensione spesso poco conosciuta e descritta dai mass media: ovvero, quello che succede nelle vite delle vittime – o in quelle delle loro famiglie – a seguito di un incidente.

Quattro storie, quattro vite – quelle di Paolo Bruschi, Cristiano Ferrari, Michele Seliziato e Michele Secchiari – fin troppo comuni e, proprio per questo, tragicamente semplici nella loro ‘ordinaria’ drammaticità. Storie e vite di cui, spesso, ci si dimentica: uomini, mariti, padri e figli ai quali Santi vuole ridare volto e sentimenti. “Ci sono morti e feriti che entrano per qualche giorno nelle pagine dei quotidiani e poi spariscono nel nulla – racconta il regista – Sono numeri da battaglia che difficilmente hanno un volto. Ma è sul ‘dopo’ che mi sono voluto soffermare: i sogni spezzati, la vita da riscostruire e una riabilitazione prima di tutto psicologica e poi fisica”.

Dai cantieri navali alle cave di marmo, ognuno dei quattro protagonisti ritorna sul luogo dell’incidente per ricostruire l’attimo in cui è cambiata la propria vita e rivivere quel momento, in tutta la sua angoscia: dalla paura di morire alla consapevolezza di restare invalido, dal terrore di non essere più accettato dalla propria donna a un generale sentimento di inadeguatezza e fragilità.
“Essere di nuovo lì per loro significa esorcizzare quel momento – continua Santi – Dopo l’infortunio c’è l’esigenza di ritornare a fare il lavoro di sempre e di riprendere i contatti con i colleghi che ti sono stati vicini. Non è una sorta di masochismo, ma un modo per riprendersi la propria vita e superare la ‘deviazione’ che l’incidente ha comportato. Ovviamente c’è anche chi è stato costretto a cambiare lavoro, come Paolo o Michele, e si è dovuto reinventare con non poche difficoltà”.

Paolo, Cristiano, Michele e Michele: non ci sono donne in “Dopo la battaglia”, e l’assenza non è casuale. “Nel film ci sono quattro diverse testimonianze di uomini – spiega, ancora, Santi – Purtroppo nessuna donna ha voluto raccontare la propria storia in video. C’è ancora una grande difficoltà da parte degli infortunati nell’accettarsi e nel farsi riprendere. Per questo ho preferito dare più spazio alle parole che alle immagini e privilegiare i primi piani. Soffermarsi sulle loro disabilità non avrebbe avuto senso, prima di tutto per una ragione etica: non volevo speculare, o peggio drammatizzare, il tema, ma fare riflettere”.

Narratori esterni, invece, sono gli studenti del liceo scientifico “Carlo Livi” di Prato, impegnati in un laboratorio teatrale sul tema del lavoro. “Per ragioni drammaturgiche avevo l’esigenza di voci esterne che potessero snocciolare i dati statistici e farli fondere con storie concrete, così da dare vita a un unico racconto – conclude Santi – Mi è sembrato interessante affidare questo ruolo a dei ragazzi giovanissimi, le persone più lontane dal mondo del lavoro sia per età che per interessi, e capire come in prospettiva percepissero certi temi. Il documentario, infatti, verrà proiettato principalmente nelle scuole e in altre occasione di formazione e di divulgazione sul tema degli infortuni sul lavoro”.

Fonte: INAIL

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