Draghi: il Paese ai trova tra stagnazione e crescita.

Il 5 novembre scorso, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, in occasione di un convegno in memoria dell’economista Giorgio Fuà, ha tenuto nell’aula magna dell’Università politecnica delle Marche ad Ancona una Lezione Magistrale durante la quale ha analizzato le cause del ritardo italiano nella ripresa economica, sottolineando che “I giovani pagano la crisi”.

Il Governatore Draghi ha sottolineato,fra l’altro, che “Nel mercato del lavoro il dualismo si è accentuato. Rimane diffusa l’occupazione irregolare, stimata dall’Istat in circa il 12% del totale delle unirà di lavoro. Le riforme attuali, diffondendo l’uso di contratti a termine, hanno incoraggiato l’impiego del lavoro, portando ad aumentare l’occupazione negli anni precedenti la crisi, più che nei maggiori paesi dell’area dell’euro; ma senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, si i demolisce l’accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità”.

Insomma, per il Governatore l’Italia oggi si trova a un bivio e, se non si agisce presto, saranno i giovani a rischiare di subire le conseguenze peggiori del declino economico. “Voglio solo suggerire – osserva Draghi – che ci potremmo trovare di fronte ad un bivio. Gli indicatori delle organizzazioni internazionali ci dicono che gli italiani sono mediamente ricchi, hanno un’elevata speranza di vita, sono in gran parte soddisfatti delle loro condizioni: l’inazione è sostenibile per un periodo anche lungo; potrebbe generare un declino protratto: Ma l’inazione non è a costo zero: “La ricchezza è frutto di azioni e decisioni passate, il PIL legato alla produttività, è frutto di decisioni prese guardando al futuro. Privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere i giovani. Su di loro pende la grande incertezza che riguarda il futuro.

Soprattutto c’è da risolvere il problema del precariato. Quelle riforme che hanno positivamente incentivato l’occupazione negli anni passati, con la diffusione dei contratti a termine, “rischiano di ritorci contro”. “Senza la prospettiva di una pure graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari – ha detto Draghi – si indebolisce l’accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità”.

Ma l’Italia – ha aggiunto Draghi – “deve fare già sforzi aggiuntivi per recuperare il gap di produzione esistente causato dai marcati dualismi non solo del lavoro, fra precari e stabili, ma anche nel sistema delle imprese, in gran parte caratterizzato da dimensioni troppo ridotte per consentire la necessaria innovazioni dei prodotti”. E poi, sulla carenza di competitività pesa la scarsa concorrenza nei servizi dove la liberalizzazione si è interrotta.
C’è insomma da fare molto avendo chiaro che i ritardi non sono solo del Centro-Sud, ma anche del Nord. La crescita del prodotto per abitante in Italia “si va riducendo da tre decenni: siamo passati da un aumento del 3-4% negli anni ’70 a uno del 2,5% negli anni 80’, dell’1,4% negli anni novanta fino alla stasi dell’ultimo decennio”.

Dobbiamo tornare “a ragionare sulle scelte strategiche collettive, con una visione lunga. L a sfida oggi e nei prossimi anni è creare un ambiente istituzionale e normativo, un contesto civile, che coltivino quei valori, al tempo stesso rafforzando la coesione sociale”.

(LG-FF)

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