Con un applauso di 140 cittadini di Casale Monferrato si è chiusa l’udienza preliminare dell’inchiesta sui quasi tremila casi tra malati e morti d’amianto alla Eternit Italia.
Il gup Cristina Palmesino ha rinviato a giudizio per disastro doloso e rimozione volontaria di cautele il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Jean Loui De Cartier De Marchienne. Il processo si aprirà a Torino il 10 dicembre.
L’udienza preliminare, nata da un’inchiesta della procura di Torino, riguarda i casi di esposizione all’amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani dell’Eternit (Casale Monferrato, Cavagnolo nel Torinese, Ruviera in Emilia e Bagnoli in Campania). Il processo sarà il più grande, per numero di casi trattati e per il ruolo dei dirigenti coinvolti, mai celebrato per questioni legate all’amianto.
“ Oggi è stata scritta una pagina importante nella tormentata storia dell’amianto in Piemonte, in Italia e credo in tutto il mondo “. Questo il primo commento del procuratore Raffaele Guariniello all’uscita dall’aula. “ C’è stato un esame approfondito da parte del gup – ha proseguito Guariniello – di tutte le questioni poste: il giudice ha ritenuto fondata la nostra impostazione tanto che ha respinto tutte le eccezioni della difesa”. “Questa vicenda rimarca che in materia di sicurezza sul lavoro – ha concluso il magistrato – il ruolo della magistratura è fondamentale e serve che diventi ancora più incisivo”.
“Non è una sentenza ma un decreto che dispone il giudizio” , ha detto Cesare Zaccone, uno dei legali della difesa, parlando di una “ decisione attesa”. “Dovremo riformulare le nostre eccezioni e le nostre ragioni “, ha aggiunto l’avvocato.
“ Il disastro è ancora in atto“: é quanto afferma, riferendosi alle conseguenze della lavorazione dell’amianto nelle sedi italiane dell’Eternit, il gup Cristina Palmesino nell’ordinanza che, questa mattina, ha preceduto il rinvio a giudizio dei due indagati.
Il giudice si è dilungato sul “disastro” per respingere le eccezioni della difesa e, in particolare, per spiegare il perché, a suo avviso, “i reati contestati (che partono dal 1952 – ndr) non sono prescritti”.
“Il disastro – scrive – si sta ancora manifestando, provocando nuove malattie ‘amianto correlate’, sia negli ex lavoratori, sia nei cittadini che vivono in prossimità degli ex stabilimenti Eternit, o nei luoghi in cui è in uso materiale derivato dalla lavorazione dell’amianto, e ciò a causa della particolarità delle fibre di asbesto che, una volta inalate, si muovono all’interno del corpo umano cagionando dopo un lasso di tempo anche rilevantissimo gravissime patologie”. Inoltre “il materiale derivante dalla lavorazione dell’amianto utilizzato per costruzione, pavimentazione e coibentazione è ancora attualmente in uso nei siti“.
(Fonte AGI, ANSA, La Repubblica)