Due le fasi di progettazione: prima le interviste per conoscere le storie e poi il laboratorio, attraverso il quale la cronaca è diventata racconto, assumendo una veste più narrativa e autobiografica, grazie anche all’utilizzo dei disegni realizzati dagli stessi protagonisti. Le interviste – rivolte alla persona infortunata, a quella affetta dalla malattia professionale e a un familiare – rientrano nella prima fase del progetto, dedicata al racconto del proprio vissuto, alle emozioni, alle paure e alle idee. Nella fase laboratoriale, invece, i testi sono stati riletti dagli operatori e discussi con i loro protagonisti.
“Il libro è stato solo l’ultimo tassello di un percorso molto lungo”, racconta Alessia Congia, assistente sociale Inail che ha curato il volume insieme a Valeria Grotto, Serena Peyron, Lucia Portis e Roberto Sciarra. “All’inizio – spiega – volevamo raccontare le storie di chi è stato vittima di un infortunio per riflettere sull’evento e sulla prevenzione. Quasi subito, però, ci siamo accorti che il percorso compiuto ci stava portando in un’altra direzione. Dalle interviste, infatti, emergevano temi ricorrenti, quali l’incidente, il trauma e il cambiamento, ma anche l’intenzione di elaborare la propria esperienza attraverso il racconto. E allora abbiamo pensato: perché non creare una situazione in cui le persone possano incontrarsi tra loro e condividere le storie della loro vita? Da qui l’idea del laboratorio e la sua traduzione in concreto nella realizzazione del libro”.