L’indagine realizzata dall’ Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri
Nella Premessa a questa ricerca su ” I lavoratori stagionali immigrati in Italia”, realizzata dall’ Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri istituito presso il CNEL in collaborazione con il CENSIS, si legge che essa ” fotografa una realtà sempre più importante nelle attività economiche del paese, ma ancora per molti aspetti sconosciuta: quella dei lavoratori stagionali immigrati in Italia. Si tratta di quegli stranieri in possesso o meno di permesso di soggiorno stagionale o altro tipo di permesso, che svolgono un lavoro per un determinato periodo dell’anno, legato alle tendenze dell’attività produttiva, a prescindere da un eventuale contratto. La manodopera fornite dal lavoro stagionale continua infatti ad essere molto richiesta in Italia: se fino agli anni Settanta essa era offerta quasi esclusivamente da italiani, negli ultimi anni il sistema economico del nostro paese si affida sempre più agli stranieri per questo tipo di lavoro, per la loro maggiore flessibilità, mobilità e disponibilità a lavorare anche in condizioni dure e con una retribuzione ridotta.Basti pensare che nel 2001 dai 20mila ingressi per lavoro stagionale inizialmente previsti si è passati ai 33mila fissati nel decreto definitivo.” I dati più significativi emersi dalla ricerca è l’identikit del lavoratore immigrato stagionale. ” Il 78% degli intervistati – si legge -è di sesso maschile,contro il 22% delle donne. La fascia più rappresentativa è quella tra i 30 e i 39 anni (37,5%), mentre il 32,3% ha tra i 25 e i 29 anni, il 23,7% meno di 24 anni e il 6,5% più di 40 anni. La metà circa è celibe (50,4%) e non ha figli (52,2%), il 42,7% è sposato o convive con un connazionale ( ad avere partner di altri paesi è solo il 2,4%) e i separati o vedovi sono il 4,5%. Quanto al livello d’istruzione , i lavoratori stagionali possiedono per lo più un diploma di scuola media inferiore (32,2%) o superiore (31,8%), il 23,1% ha fatto solo le elementari, il 10,5% ha una formazione professionale e il 9,4% nessun titolo di studio. Se la religione maggiormente professata è quella mussulmana (60,9% a fronte di un 21,8% di cattolici e un 7,6% di altre confessioni cristiane), più variegata risulta la nazionalità, con in cima il Marocco (16,3%) e l’ Albania (12,1%) seguiti da Africa australe (11,7%), Asia (9,3%), Europa dell’ est e Algeria (8,6%), Senegal (7,2%), ex Jugoslavia (6,9%), Pakistan (6,6%), Tunisia (5,5%), ex URSS (4,1%).
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