I problemi irrisolti del nucleare: il Dossier di Legambiente.

Legambiente pubblica il Dossier sul nucleare in occasione del 20° anniversario dal voto del referendum popolare che ha bandito la produzione di energia nucleare in Italia. Scorie radioattive, sicurezza degli impianti e costi altissimi: ecco perché ancora oggi l’atomo non conviene.

Nella presentazione del Dossier di Legambiente, la nota associazione ambientalista ricorda che alla richiesta “Volete il nucleare?”, formulata in tre quesiti, 8 italiani su 10 nel 1987 risposero NO. L’8 novembre, si celebra il 20° anniversario di una scelta radicale per il nostro paese: quella fatta con il voto del referendum popolare che ha bandito la produzione di energia nucleare e reso l’Italia la prima tra le nazioni industrializzate a uscire dall’atomo.
Una strada che solo recentemente hanno seguito in Europa anche la Germania e la Spagna. Pensare di tornare – afferma Legambiente – sarebbe folle. Se l’Italia oggi volesse allinearsi alla produzione elettrica media da UE da nucleare (30%), dovrebbe costruire 8 reattori come quello che sta realizzando la Finlandia (il più grande del mondo), oppure 8 come gli ultimi completati in Francia tra il ‘96 e il ’99, oppure 12 di quelli più grandi in costruzione in Cina o 13 di quelli di tipologia russa.
Sebbene l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) abbia censito nel mondo, a ottobre 2007, ben 439 centrali in attività per una potenza installata di 371.647 MW, il nucleare è oggi una fonte di energia in declino e, dopo la tragedia di Cernobyl del 1986, vede la maggioranza dell’opinione pubblica europea nettamente contraria. E lo è nonostante la ripresa di programmi nucleari in alcuni Paesi, nonostante la nuova ondata di consenso da parte del mondo politico alle prese con l’impennata dei prezzi del petrolio e, più recentemente, anche con la crisi del gas russo, nonostante l’atteggiamento possibilista di chi la considera un’opzione “pulita” per favorire la riduzione del gas serra e combattere i cambiamenti climatici. Infatti, secondo l’AIEA, il contributo dell’atomo al fabbisogno mondiale di energia elettrica scenderà dal 15% al 13% entro il 2030. E a spiegare questo trend negativo ci sono i soliti vecchi problemi legati a questa fonte energetica.
In primo luogo quelli legati alla sicurezza delle centrali, alla gestione delle scorie e allo smaltimento degli impianti in disuso, nonché alla protezione da eventuali attacchi terroristici e alla proliferazione di armi a testata nucleare. A cui si deve aggiungere la sempre minore disponibilità di riserva di uranio e i costi “veri” necessari per fornire i kwh di energia elettronucleare .
Legambiente li ha analizzati uno per uno nel Dossier dal titolo “I problemi irrisolti del nucleare a vent’anni dal referendum”.
(LG-FF)

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