Il Dossier dell’Istat “Noi Italia” 2011 per capire il Paese in cui viviamo.

Con il Dossier on line “Noi Italia”-edizione 2011, l’Istat offre –con oltre100 statistiche – un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali demografici e ambientali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano.

Il Dossier, disponibile all’indirizzo http://noi-italia.istat.it, arricchisce l’ampia e articolata produzione dell’Istat attraverso la proposta di indicatori, aggiornati e puntuali, che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alle infrastrutture, alla finanza pubblica, all’ambiente, alle tecnologie e all’innovazione.

Gli indicatori, raccolti in 12° schede e distribuiti su 19 settori di interesse, si possono consultare in modo ragionato e per singole schede, scaricare su un foglio elettronico, approfondire con i link presenti in ogni.
Quello che ne viene fuori è un quadro scoraggiante, grigio con macchie nere. Il nero è soprattutto quello della disoccupazione e delle condizioni economiche delle famiglie. Vediamo alcuni dati.

L’Italia si colloca agli ultimi posti in Europa per tasso di occupazione femminile(46,4 per cento)-in pratica ha un lavoro meno di una donna su due – mentre i giovani che non lavorano e non studiano (giovani tra i 18 e i 24 anni) sono il 19,2 per cento, dato che posiziona l’Italia molto in basso nella classifica UE a 27 paesi, praticamente penultima, e dietro c’è solo Malta. La media europea è del 14,4 per cento.
Sempre i giovani, quelli più in sofferenza: il tasso di disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 anni è superiore a quello europeo, è pari al 25,4 per cento ed è in aumento di oltre quattro punti rispetto all’anno prima.La media europea è del 19,8 per cento. Sono il 21,2 per cento, poi, poco più di due milioni, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, i neet, ovvero quelli “non più inseriti in un percorso scolastico-formativo” ma neppure impegnati in un’attività lavorativa. Il dato italiano – secondo l’Istat- è in assoluto il peggiore dell’Ue.

Va peggio anche per i livelli di occupazione: il 57,5 per cento della popolazione nella fascia di età 15-64 anni è occupato, ma come detto le donne sono solo il 46,4 per cento e gli uomini il 68,6 per cento. Il tasso di occupazione è diminuito in un anno di quasi un punto e mezzo dopo un lungo periodo di crescita, tornando ai livelli del 2005. Del resto, non ha occupazione in Italia il 37,6 per cento della popolazione mentre il dato europeo è fermo al 28,9 per cento, e circa il 45 per cento dei disoccupati è in cerca di lavoro da almeno un anno. Anche qui l differenza con l’Unione europea è notevole: da noi si registra una tra le quote più alte di disoccupazione di lunga durata (il 44,4 per cento), mentre bla media europea si attesta attorno al 27 per cento.

Pure quando c’è, spesso il lavoro è irregolare, soprattutto nel Mezzogiorno. La quota di unità di lavoro irregolare è pari all’11,9 per cento – legge nel Dossier dell’Istat – che nel Sud può essere considerato irregolare quasi un lavoratore su cinque. Dunque il sommerso resta molto rilevante, con la Calabria a percentuali più alte (26,6 per cento) ultima invece l’Emilia-Romagna (8,5 per cento di lavoro irregolare).

Esaminando i dati delle famiglie in rapporto ai livelli di povertà, l’immagine dell’Italia non migliora. Le famiglie in condizioni di povertà relativa sono una su dieci, il 10,8 per cento. Sette milioni e 800 mila individui poveri, il 13,1 per cento della popolazione residente. Cinque famiglie su cento sono poverissime, per un totale di poco più di tre milioni.Forte lo svantaggio del sud che riguardo alla povertà registra valori più che doppi rispetto alla media nazionale.

Crescono gli anziani, sono 144 ogni 100 giovani (in Europa solo la Germania è più “vecchia” di noi, e crescono gli immigrati: sono il 7 per cento del totale, oltre 4 milioni e 200 mila persone quelli iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani al 2010.

(LG-FF)

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