Il lodo Alfano dichiarato incostituzionale dalla Consulta

Lo ha deciso a maggioranza la Corte Costituzionale: per i giudici era necessaria una legge costituzionale ma il Lodo, in ogni caso, h violato anche l’articolo 3 della Carta, quello che stabilisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. La legge 124/2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 luglio 2008, prevedeva l’immunità per le alte cariche dello Stato.

La legge, nota come “Lodo Alfano” prevedeva alcuni limiti a questa immunità, tra cui che l’immunità non si sarebbe estesa in caso di cambio di carica, anche nel corso della stessa legislatura: se il presidente del Consiglio fosse stato nominato presidente della Repubblica, ad esempio, il lodo Alfano non gli si sarebbe più applicato, mentre gli sarebbe stato applicato in caso di successione a se stesso a Palazzo Chigi. Ciò deriva dal fatto che la non reiterabilità della sospensione, come si è visto, ha un’unica eccezione: la nuova nomina a presidente del Consiglio nel corso della legislatura. Ora, invece, il Presidente del Consiglio potrà essere processato comunque.

La legge – il cui testo consisteva di un solo articolo – prevedeva che i processi penali nei soggetti che rivestono cariche istituzionali, quali il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato della Repubblica, il Presidente della Camera dei Deputati e il Presidente del Consiglio dei ministri siano sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione.

La sospensione si applicava anche ai processi penali per fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione. In dettaglio il comma 1 del provvedimento prevedeva che nei confronti del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio dei ministri, la sospensione riguardava i reati extrafunzionali, dato che i cosiddetti “reati funzionali” rientravano nella disciplina già prevista dalle norme costituzionali, secondo cui il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri, per i predetti reati, può essere sottoposto alla giurisdizione ordinaria, dopo la decisione di rinvio a giudizio adottata dal tribunale dei ministri e, in ogni caso, previa autorizzazione della Camera di appartenenza.

Il comma 1 prevedeva, inoltre, che la sospensione del processo si operasse anche in relazione a fatti commessi anteriormente all’assunzione della carica o della funzione.

Il comma 2 prevedeva che, in ogni momento, l’imputato potesse rinunciare alla sospensione, anche attraverso il difensore munito di procura speciale. Questa disposizione escludeva l’automatismo della sospensione, tutelando il diritto di difesa dell’imputato, che poteva volontariamente decidere di affrontare il processo senza doversi dimettere dalla carica ricoperta.
Il comma 3 consentiva al Giudice, qualora ne ricorressero i presupposti, di acquisire, nel processo sospeso, le prove non rinviabili. Si trattava di una norma che, escludendo la paralisi assoluta delle attività processuali, salvaguardava il diritto alla prova e impediva che la sospensione operasse in modo generale e indifferenziato sul processo in corso.

Il comma 4 prevedeva che, in caso di sospensione del processo, venisse sospeso anche il corso della prescrizione dei reati in esso contestati, secondo il meccanismo generale previsto dall’articolo 159 del codice penale.La prescrizione avrebbe ripreso il suo corso dal giorno in cui sarebbe cessata la causa della sospensione. Il comma 5 prevedeva che la sospensione operasse per l’intera durata della carica o della funzione. La diversa durata delle quattro cariche e la possibilità di una nuova nomina, del Presidente del Consiglio avevano tuttavia imposto di prevedere, per quest’ultima carica, una limitata eccezione alla regola della non reiterabilità, nel caso del nuovo incarico assunto nella stessa legislatura.

Il comma 6 prevedeva la possibilità, per la parte civile, di trasferire l’azione in sede civile, in deroga all’articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale.
Il comma 7 conteneva una disposizione transitoria, che estendeva la sospensione anche ai processi penali già in corso, in ogni fase, stato e grado, alla data di entrata in vigore della legge.

(LG-FF)

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