Il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio

Approvato, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 2004, lo schema di decreto legislativo che ha trovato la netta contrarietà delle varie associazioni ambientaliste.

“Siamo arrivati al punto più drammatico per la tutela del patrimonio culturale e ambientale: è la prima volta da due secoli a questa parte, dai tempi di Pio VII, che invece di avanzare verso una tutela più efficace, diffusa e garantita, si torna indietro”. Con questa preoccupazione denuncia, il noto giornalista Vittorio Emiliani ha aperto la conferenza stampa che le associazioni ambientaliste hanno tenuto martedì 20 gennaio 2004 al Senato per ribadire le posizioni negative verso il nuovo ” Codice dei beni culturali e del paesaggio “, il c.d. ” Codice Urbani”, approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 2004 ai sensi dell’ art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 con un decreto legislativo che ha già superato il vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni cultura di Camera e Senato. Il provvedimento, di imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è considerato l’ ultimo di una serie di atti che hanno profondamente modificato la legislazione in materia: dalla c.d. ” legge obiettivo” Lunardi, che depotenzia la Valutazione di Impatto Ambientale, alla costituzione della Patrimonio SPA, al condono edilizio, alla gestione privatistica dei musei, alla Finanziaria 2004, che introduce la verifica dell’ interesse culturale del bene e il principio del silenzio-assenso, alla legge delega per l’ ambiente.” Nel giro di venti anni – ha detto ancora Emiliani -sono state demolite le norme di tutela, messe fuori gioco le Sovrintendenze, indebolito il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, incoraggiato l’ abusivismo, tutto per fare cassa con i beni pubblici e senza dare ascolto agli appelli del Presidente della Repubblica e ai rilievi della Corte dei Conti”. Il nuovo Codice cancella la legge Galasso del 1985 ( e di fatto la legge Bottai del 1939) e incorpora il meccanismo del silenzio-assenso per la vendita del patrimonio, guidandoci verso una regressione culturale per cui tutti i beni divengono alienabili, portando così l’Italia dall’ avanguardia alla retroguardia mondiale nel campo della tutela del grande patrimonio culturale. Secondo il WWF, il nuovo Codice non ” aggiorna” le norme di tutela del paesaggio, come dichiarato dal Ministro Urbani, bensì le elimina. Le innovazioni introdotte dal nuovo codice sono ali da cancellare i due elementi portanti della complessa riforma delle leggi sul paesaggio, iniziata nel 1984 con il famoso ” decreto Galasso” e proseguita con il Testo Unico dei Beni CC.AA, del ’99. Inutilmente la Corte Costituzionale – ha dichiarato ancora il WWF – aveva ribadito la loro essenzialità, quali capisaldi di una mutata sensibilità e di una conquista culturale da cui non si sarebbe dovuti tornare indietro. Nessun ” aggiornamento” dunque: secondo il WWF il nuovo “Codice Urbani”, varato a soli quattro anni dal Testo Unico dei Beni CC.AA., per per quanto riguarda il Paesaggio ( Parte III) non rispetta le indicazioni date dal Parlamento nella Legge delega ( art. 10 della legge 137/2002) che ha sì indicato di riordinare la materia ma senza apportare alcuna modifica o abrogazione delle attuali norme di tutela, come invece è stato fatto dal Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 2004. Per Legambiente ” l’ approvazione del nuovo codice porta a regime un sistema di gestione e tutela in cui prende corpo una distinzione fra beni di serie A, mettiamo il Colosseo, pienamente tutelati, e beni di serie B, magari non contemplati dai manuali di storia dell’ arte ma non meno importanti per le comunità e la loro identità culturale, per i quali la privatizzazione non è esclusa, anzi. Ieri il nostro patrimonio era inalienabile salvo eccezioni. D’ ora in avanti saranno i beni inalienabili a costituire le eccezioni.Sarà onere delle Sovrintendenze dimostrare l’ opportunità di conservare allo Stato un palazzo, un giardino, un’ isola. La prospettiva è ribaltata, e non certo a favore del bene comune: la tutela, insomma, potrebbe diventare un optional.

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