Il Rapporto ONU sul clima: pressing fino all’ultimo dei grandi inquinatori

L’ultimo Rapporto presentato il 6 aprile, a Bruxelles, dall’IPPC illustra uno scenario devastante per l’ambiente e l’economia del pianeta se non verranno intraprese azioni urgenti per contrastare i cambiamenti climatici. A rischio un terzo delle specie vegetali e animali. Prima dell’intesa sul Dossier dell’ONU un pressing, fino all’ultimo, dei grandi inquinatori USA e Cina.

Lo scenario descritto nel rapporto ONU, redatto dai 2500 esperti dell’IPPC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo ufficiale delle Nazioni Unite che si occupa di monitorare il cambiamento climatico è apocalittico: in 20 anni, dieci milioni di sudamericani e centinaia di africani si vedranno ulteriormente ridotte le loro risorse idriche e alla metà del XXI secolo un miliardo di asiatici potrebbero affrontare il rischio siccità. I ghiacciai della catena dell’Hymalaya, che alimentano i grandi fiumi del continente asiatico si scioglieranno del tutto entro il 2035, minacciando la vita di 700 milioni di persone. Nel 2050, benché i inizialmente i raccolti cresceranno nei Paesi temperati grazie al caldo che allungherà la stagione produttiva, la produzione crollerà del 30% in India, con 130 milioni di persone costrette a fare fronte a una terribile carestia. Nel 2080 cento milioni di persone dovranno abbandonare le loro case sulla costa minacciate dall’innalzarsi delle acque dovuto allo scioglimento delle calotte di ghiaccio dei poli. Oltre un terzo delle specie animali saranno “ad alto rischio di irreversibilità e di estinzione”.
Questo, in sintesi, il Rapporto degli esperti internazionali dell’IPPC sulle conseguenze del riscaldamento globale causato delle emissioni di CO2. Un documento negoziato sino all’ultima virgola e sino all’ultimo dato scientifico, tra le forti resistenze di grandi Paesi inquinatori come gli Stati Uniti d’America, la Russia e la Cina.
Dopo la prima parte del Rapporto, presentato a Parigi lo scorso 2 febbraio, questa seconda parte del IV rapporto dell’IPPC dedicata all’impatto del cambiamento climatico, in attesa della sintesi finale prevista per il prossimo mese di novembre 2007, è drastica sugli effetti in corso del fenomeno i cui allarmi – come ha scritto il WWF – è impossibile ignorarli.
“Possediamo tutti gli strumenti per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, per ridurre le emissioni e cercare di mantenere gli equilibri dinamici del sistema climatico, cercando di evitare i peggiori impatti – ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – nei prossimi 10 anni i governi devono fare un vero e proprio gioco di squadra e condividere tutte le strategie per contrastare la crisi del clima. Si tratta di una priorità sia di carattere economico che etico: difendere le mangrovie non è un capriccio degli ambientalisti: si tratta di ambienti che difendono le coste, costituiscono zone i riproduzione di tante specie marine, oggetto di pesca, e quindi supportano lo sviluppo delle popolazioni che le abitano. Le foreste sono serbatoi di acqua che consentono l’economia di interi paesi. Le nostre società dipendono strettamente dai sistemi naturali, è stato così per secoli. Difenderli vuol dire salvare la base stessa della nostra economia”:
Il Presidente di Legambiente, Roberto Della Seta chiama in causa anche la politica italiana, domandandosi “che cosa aspetta la politica italiana a capire che il cambiamento climatico è uno dei principali problemi che abbiamo di fronte. Quanti altri rapporti dovranno essere presentati prima che i nostri leader si convincano delle necessità di una serie di politiche energetiche, che taglino drasticamente le emissioni e tutelino finalmente la salute e il futuro, anche economico, dei cittadini?”.Da quando il Protocollo di Kyoto è stato firmato nel 1997 – ricorda Legambiente – le emissioni prodotte in Italia sono infatti considerevolmente aumentate, giungendo oramai a un più 12,2 per cento. L’Italia, che si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5% entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990, si ritrova ora a più 18,6%. Eppure proprio il nostro paese si trova ai margini meridionali della zona temperata, è uno dei più colpiti dalla rottura degli equilibri climatici”.

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