Illegittimi i concorsi pubblici riservati al personale interno

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con sentenza n. 194/2002

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 194/2002 depositata lo scorso 16 maggio, ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale delle procedure di reclutamento mediante concorsi pubblici riservati a personale interno previste dall’ art. 22, comma 1, lettera a) della legge n. 133 del 1999. Tale provvedimento prevedeva che il Ministero delle Finanze potesse coprire il 70% dei posti disponibili per i livelli dal V al IX, mediante apposite procedure di riqualificazione riservate al personale appartenente alle qualifiche funzionali inferiori. Secondo la Corte, tale disposizione, anche se ha escluso che la totalità dei posti vacanti nelle dotazioni organiche delle varie qualifiche prese in considerazione sia attribuita all’ esito dei corsi di formazione professionale, ai quali sono abilitati ad accedere soltanto i dipendenti dell’ amministrazione, riserva tuttavia ancora ad essi la totalità dei posti messi a concorso, pari a gran parte dei posti disponibili, per di più prevedendo una quota riservata che appare incongruamente elevata. Né, oltretutto, all’ epoca risultava bandito il concorso pubblico per la residua parte dei posti, mentre è noto che il modello concorsuale richiede che la selezione avvenga con criteri tali ” da prevedere e consentire la partecipazione anche agli estranei, assicurando così il reclutamento dei migliori”, e a tale modello si deve ricorrere anche per scongiurare ” gli effetti distorsivi” che il criterio dei concorsi interni può produrre ( sentenza n. 313 del 1994), attraverso forme di surrettizia reintroduzione dell’ ormai superato sistema delle carriere, in contrasto con il canone del buon andamento dell’ amministrazione ( sentenza n. 333 del 1993). La previsione, nella disciplina censurata, non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso “interno”, riservato ai dipendenti dell’ amministrazione per una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, appare, pertanto, irragionevole, e si pone in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.

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