INAIL: progetto di riabilitazione e reinserimento dei disabili da lavoro

Cinque disabili da lavoro hanno condotto un’importante attività di analisi “sollecitata” dalla visione di album di famiglia, istantanee e selfie: alla base di questo percorso di gruppo la capacità della fotografia di raccontare storie, scatenare emozioni e aiutare chi le osserva a focalizzare i propri obiettivi di vita.

Album di famiglia, istantanee, ma anche gli ormai diffusissimi selfie. Prende le mosse dalla fotografia – intesa come universo di immagini in grado di esprimere tanto di se stessi e del proprio mondo – il laboratorio “Raccontami una… foto”, ideato dalla sede Inail di Asti e rivolto, attraverso una serie di incontri di gruppo, a persone che vivono il disagio di accettare la propria disabilità o quella di un familiare. Protagonisti di questo progetto sono cinque assistiti Inail che, a seguito di un infortunio sul lavoro, si sono rimessi in gioco, vestendo anche i panni di fotografi “improvvisati”.

Tra gli obiettivi del laboratorio (attivo da maggio e concluso da poco) la voglia di indagare, attraverso la fotografia, gli aspetti della propria personalità – sia ciò che viene accettato sia ciò che viene rifiutato – e aiutare i partecipanti a mettersi maggiormente in relazione con le proprie emozioni e col proprio vissuto. Tra le attività promosse, oltre ai colloqui individuali, anche il mettersi in posa davanti a un obiettivo, scattare un’istantanea e analizzarla, decidendo se conservarla, regalarla o sbarazzarsene. Ugualmente importante anche il confronto con volti e oggetti della proprio passato “racchiusi” e cristallizzati nelle fotografie di famiglia.
Il progetto ha previsto due fasi di monitoraggio. La prima è stata finalizzata a verificare l’andamento del percorso di analisi e l’eventuale necessità di intraprendere, in corso d’opera, interventi di correzione e di modifica. È durante questa fase che i partecipanti hanno sperimentato come le fotografie, proprie o altrui, possano davvero raccontare storie, racchiudere – e fare riemergere – emozioni e sollecitare un confronto interiore essenziale per focalizzare i propri futuri obiettivi di vita. La seconda, post laboratorio, è consistita invece in una riunione finale coi partecipanti e nella distribuzione di un questionario di gradimento.

“La fototerapia utilizza tecniche proiettive che consentono ai partecipanti di trovarsi maggiormente a proprio agio mentre parlano delle proprie sensazioni – spiega Romina Schipano, assistente sociale Inail di Alessandria – Cosa si prova di fronte a una fotografia o come la ‘persona’ ritratta si avverte nell’immagine: piuttosto che parlare direttamente di sé, grazie a questo approccio si preferisce passare dalla prima alla terza persona, liberando i propri pensieri e lasciando aperto il territorio delle domande riflessive. Le persone coinvolte sperimentano, così, come le fotografie proprie o di altri possono raccontare storie, racchiudere emozioni e talvolta aiutare a focalizzare i propri obiettivi futuri”.

Fonte: INAIL

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