Tra gli obiettivi del laboratorio (attivo da maggio e concluso da poco) la voglia di indagare, attraverso la fotografia, gli aspetti della propria personalità – sia ciò che viene accettato sia ciò che viene rifiutato – e aiutare i partecipanti a mettersi maggiormente in relazione con le proprie emozioni e col proprio vissuto. Tra le attività promosse, oltre ai colloqui individuali, anche il mettersi in posa davanti a un obiettivo, scattare un’istantanea e analizzarla, decidendo se conservarla, regalarla o sbarazzarsene. Ugualmente importante anche il confronto con volti e oggetti della proprio passato “racchiusi” e cristallizzati nelle fotografie di famiglia.
Il progetto ha previsto due fasi di monitoraggio. La prima è stata finalizzata a verificare l’andamento del percorso di analisi e l’eventuale necessità di intraprendere, in corso d’opera, interventi di correzione e di modifica. È durante questa fase che i partecipanti hanno sperimentato come le fotografie, proprie o altrui, possano davvero raccontare storie, racchiudere – e fare riemergere – emozioni e sollecitare un confronto interiore essenziale per focalizzare i propri futuri obiettivi di vita. La seconda, post laboratorio, è consistita invece in una riunione finale coi partecipanti e nella distribuzione di un questionario di gradimento.
“La fototerapia utilizza tecniche proiettive che consentono ai partecipanti di trovarsi maggiormente a proprio agio mentre parlano delle proprie sensazioni – spiega Romina Schipano, assistente sociale Inail di Alessandria – Cosa si prova di fronte a una fotografia o come la ‘persona’ ritratta si avverte nell’immagine: piuttosto che parlare direttamente di sé, grazie a questo approccio si preferisce passare dalla prima alla terza persona, liberando i propri pensieri e lasciando aperto il territorio delle domande riflessive. Le persone coinvolte sperimentano, così, come le fotografie proprie o di altri possono raccontare storie, racchiudere emozioni e talvolta aiutare a focalizzare i propri obiettivi futuri”.