Industria conciaria, l’analisi del periodico Dati INAIL rileva un calo del 43% delle denunce di infortunio

Il numero di dicembre del periodico statistico Dati INAIL analizza l’effetto Covid nell’industria conciaria ed evidenzia un calo del 43% in un anno delle denunce di infortunio. Dall’analisi condotta su questo settore, fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo, emerge un andamento stabile delle denunce negli ultimi anni, interrotto dalla pandemia nel 2020.

Gli infortuni sul lavoro nell’industria conciaria denunciati all’Inail nel quinquennio 2016-2020 sono 2.757. Dopo l’aumento del 7,8% registrato nel 2017 rispetto al 2016, si rileva una sostanziale stabilità con la sola eccezione del 2020, in cui le denunce sono in forte diminuzione (-43,0%) rispetto all’anno precedente a causa della pandemia da Covid-19. A fare il punto della situazione sull’andamento di infortuni e malattie professionali in questo settore produttivo, fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo che dà lavoro a quasi 150mila addetti impiegati per il 40% in imprese di piccole dimensioni, è il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail.

L’industria conciaria italiana è da sempre un tipico esempio di successo del modello distrettuale. La quasi totalità delle aziende (81,1%), infatti, si concentra all’interno di specifici comprensori produttivi territoriali in Toscana (37,2%), Veneto (27,2%) e Campania (16,7%). Dal punto di vista delle risorse umane impiegate, però, le proporzioni variano significativamente, con la maggioranza degli “addetti-anno” concentrata nel Veneto (42,5%), seguito da Toscana (34,6%) e Campania (9,6%). Con una quota media annua del 58,3% dei casi denunciati in tutto il territorio nazionale nel quinquennio 2016-2020, il distretto Veneto è anche quello con il maggior numero di infortuni sul lavoro, davanti a Toscana (29,3%) e Campania (1,6%).

La sede colpita più frequentemente dagli eventi lesivi è la mano. Nell’arco di tutto il periodo preso in esame, infatti, il 29,6% degli infortuni riconosciuti dall’Inail ha riguardato le estremità degli arti superiori. Anche le particolari posture assunte durante le lavorazioni di cuoio e pellicce sembrano essere una causa di infortunio, visto che l’11,7% delle patologie ha interessato la colonna vertebrale. Aggiungendo gli infortuni occorsi alle caviglie (8,8%), si supera la metà di tutti i casi definiti positivamente nell’ultimo quinquennio.

La natura delle lesioni è il riflesso delle tipiche attività svolte durante la preparazione della materia prima, costituita spesso da pesanti rotoli di cuoio, nella concia e nella lavorazione finale dei materiali, effettuata tramite l’utilizzo di specifici utensili o macchinari come taglierine, martelli, scalpelli e smerigliatrici. Nel dettaglio, i 2.224 infortuni sul lavoro riconosciuti dall’Istituto tra il 2016 e il 2020 hanno provocato contusioni (27,5%), ferite (25,0%), lussazioni e distorsioni (21,0%) e fratture (13,0%), con il restante 13,5% legato ad altre tipologie di lesioni.

Nel 2020 le malattie professionali hanno fatto registrare un calo complessivo del 16,1% rispetto al 2016 (da 597 a 501 casi), che per il comparto della preparazione e concia del cuoio e della tintura di pellicce arriva al 34% (da 106 a 70), mentre nella fabbricazione di calzature si ferma al -12% (da 426 a 375). Concentrando l’analisi sull’ultimo biennio 2019-2020, la diminuzione totale sale al 26%, con un -36% nel comparto della preparazione e concia del cuoio e della tintura di pellicce e un -22% nella fabbricazione di calzature, per effetto della crisi economica che si trascina ormai da alcuni anni e della pandemia da Sars-Cov-2, che ha intaccato il sistema produttivo e occupazionale e, di conseguenza, anche il numero di patologie denunciate dai lavoratori, riducendo la loro esposizione al rischio e rendendo più difficile l’accesso ai presidi sanitari.

L’organizzazione della produzione in specifici comprensori produttivi si riflette anche nella distribuzione delle malattie professionali. L’85% di quelle denunciate all’Inail nel 2020, in particolare, è concentrato nell’area centrale del Paese, con ai primi due posti le Marche (53,1%), che ospitano l’importante distretto calzaturiero fermano-maceratese, e la Toscana (31,5%). Il restante 14,6% è distribuito invece tra Nord (9,2%) e Mezzogiorno (5,4%).

Tra le cause più frequenti all’origine delle patologie professionali caratteristiche del settore della lavorazione della pelle figurano la movimentazione di carichi e le azioni che richiedono tanto sforzo fisico, come la movimentazione nella concia delle pelli, sedute di lavoro inadeguate, con effetti sulla postura, e ritmi di lavoro ad alta ripetitività, come avviene nella fabbricazione di calzature e pelletteria in genere, l’utilizzo di macchinari e l’esposizione ad agenti chimici specifici. Il 70,3% delle malattie denunciate sono quelle a carico del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, con una prevalenza dei disturbi dei tessuti molli, seguiti dalle patologie del sistema nervoso, imputabili per la quasi totalità dei casi alla sindrome del tunnel carpale.

Il nuovo numero di Dati Inail approfondisce anche il tema dell’evoluzione dei cicli produttivi delle concerie, che storicamente prevedono l’utilizzo di prodotti chimici pericolosi (composti del cromo, formaldeide, solventi, biocidi, coloranti, metalli..), a cui gli addetti sono esposti sia direttamente, per esempio ai bottali o in operazioni di rifinizione, sia indirettamente, quando possono essere prodotte polveri contaminate. Lo sviluppo tecnologico ha permesso di introdurre prodotti a minore tossicità, macchinari e modifiche alle operazioni svolte per limitare l’esposizione dei lavoratori e l’impatto ambientale. Nella nuova edizione delle Tariffe dei premi Inail dedicata al settore conciario, le voci sono state aggiornate e sono state anche superate le difficoltà di gestione legate alla doppia classificazione di molte ditte che lavorano le pelli per il settore della confezione.

Fonte: INAIL

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