Gli esperti del Centro Nazionale per la qualità degli Alimenti e i Rischi Alimentari (CNRA) dellIstituto Superiore di Sanità hanno redatto lopuscolo riportato nel link-su Alimentazione sicura in ambito domestico: obiettivi e raccomandazioni per la prevenzione e sorveglianza delle tossinfezioni alimentari
Una percentuale compresa tra il 55% e il 75% dei casi di tossinfezione alimentare (TA) avvengono in ambito domestico e i casi di malattia vanno dal 25 al 40%. I malati cronici, i bambini con meno di 5 anni , gli anziani (ultra 65nni), gli immunocompromessi, le donne in gravidanza sono i soggetti a maggior rischio.
Il consumo di prodotti crudi (insaccati freschi, dolci con uova crude, verdure non pulite abbastanza), le preparazioni troppo anticipate rispetto al consumo e mai conservate, e le contaminazioni crociate (dovute alluso promiscuo di superfici di taglio, di aree della cucina o di utensili per prodotti potenzialmente contaminati) rappresentano le situazioni più pericolose.
Edi fronte a questo scenario che gli esperti del Centro Nazionale per la Qualità degli Alimenti e i Rischi Alimentari (CNRA) dellIstituto Superiore di Sanità che hanno redatto il libretto che riportiamo nel link.
Lopuscolo si propone come sottolineano gli Autori un duplice scopo: da una parte fornire una base di conoscenze e suggerire ipotesi di strategie alle Autorità Sanitarie Centrali e Regionali per promuovere mikrati programmi dik sorveglianza delle TA, dallaltra informare i cittadini sulla prevenzione dei rischi in ambito domestico alimentare.
Secondo quanto si legge nellopuscolo, Salmonella, Listeria, Yersinia, C-botulinum, Escherichia Coli, Campylolobacter, Cryptosporidium e Norovirus sono alcuni tra i virus e i batteri pòiù comunemente responsabili delle tossinfezioni alimentari. Tra queste, pur non essendo disponibile nel nostro paese un sistema completo ed esaustivo di notifica delle malattie infettive di origine alimentare, sappiamo che lepatite A costituisce circa il 64% delle epatiti virali acute (con circa 1000 nuovi casi lanno) di cui la gran parte (60 70%) dovuta al consumo di frutti di mare consumati crudi o poco cotti. Dai dati del Centro Nazionale di Riferimento pòer il Botulismo dellISS, inoltre, emerge che nel periodo 1984 2004 si sono avuti in Italia 252 casi di botulismo dovuti nel 28,6% delle volte a conserve industriali e nel 71,4% a conserve casalinghe.
Il consumo di prodotti crudi (insaccati freschi, dolci con uova crude, verdure non pulite abbastanza), le preparazioni troppo anticipate rispetto al consumo e mai conservate, e le contaminazioni crociate (dovute alluso promiscuo di superfici di taglio, di aree della cucina o di utensili per prodotti potenzialmente contaminati) rappresentano le situazioni più pericolose.
Edi fronte a questo scenario che gli esperti del Centro Nazionale per la Qualità degli Alimenti e i Rischi Alimentari (CNRA) dellIstituto Superiore di Sanità che hanno redatto il libretto che riportiamo nel link.
Lopuscolo si propone come sottolineano gli Autori un duplice scopo: da una parte fornire una base di conoscenze e suggerire ipotesi di strategie alle Autorità Sanitarie Centrali e Regionali per promuovere mikrati programmi dik sorveglianza delle TA, dallaltra informare i cittadini sulla prevenzione dei rischi in ambito domestico alimentare.
Secondo quanto si legge nellopuscolo, Salmonella, Listeria, Yersinia, C-botulinum, Escherichia Coli, Campylolobacter, Cryptosporidium e Norovirus sono alcuni tra i virus e i batteri pòiù comunemente responsabili delle tossinfezioni alimentari. Tra queste, pur non essendo disponibile nel nostro paese un sistema completo ed esaustivo di notifica delle malattie infettive di origine alimentare, sappiamo che lepatite A costituisce circa il 64% delle epatiti virali acute (con circa 1000 nuovi casi lanno) di cui la gran parte (60 70%) dovuta al consumo di frutti di mare consumati crudi o poco cotti. Dai dati del Centro Nazionale di Riferimento pòer il Botulismo dellISS, inoltre, emerge che nel periodo 1984 2004 si sono avuti in Italia 252 casi di botulismo dovuti nel 28,6% delle volte a conserve industriali e nel 71,4% a conserve casalinghe.
Fonte: Istituto Superiore di Sanità
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