ISTAT – Disoccupazione record in aprile – Quasi il 30% dei giovani è senza lavoro

L’ISTAT ha diffuso, giovedì 3 giugno 2010, la stima provvisoria su occupati e disoccupati ad aprile 2010. Ad aprile persi 307mila posti di lavoro. Tasso di disoccupazione all’8,9%, mai così male dl 2001.

Mai così male dal 2001. Secondo l’ISTAT, infatti, il tasso di disoccupazione ad aprile si attesta all’8,9%, rispetto all’8,8% del mese precedente, segnando così la peggiore performance dal quarto trimestre del 2001. In un anno il numero di occupati in Italia è diminuito di 307mila unità. Ad aprile il numero di occupati era pari a 22 milioni 831 mila unità ( dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% rispetto a marzo, ma inferiori all’1,3% rispetto ad aprile dello scorso anno. Il tasso di occupazione, alla luce di questi dati, è quindi pari al 56,9%, in aumento rispetto a marzo di o,1 punti
Percentuali, ma inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell’anno precedente.
Secondo qua nto riporta l’Istituto nazionale di statistica, nella sua stima provvisori su occupati e disoccupati ad aprile 2010, il numero di persone in cerca di occupazione ad aprile risulta pari a 2 milioni e 220 mila unità, in crescita dell’1% (+21mila) rispetto al mese precedente e del 20,1% (+372mila) rispetto ad aprile 2009. Per l’ISTAT tra le persone in cerca di occupazione è, in particolare, la componente maschile. La disoccupazione maschile, infatti, ad aprile ha raggiunto un livello pari a 1 milione 190 mila unità, in aumento del 2,7% (+31mila) rispetto al mese precedente, e del 27,6% (+257mila) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) d aprile è salito al 29,5% con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Anche in questo caso si tratta del dato più elevato da quando esistono le serie storiche mensili, ovvero dal 2004.
L’occupazione femminile è pari a 9 milioni 218 mila unità, in aumento dello 0,7 per cento (+61 mila unità) rispetto a marzo ma in calo dello 0,5 per cento ( -44 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Il tasso di occupazione femminile acd aprile è pari al 46,1 per cento, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a marzo ma in calo di 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile 2009.
L’ultimo rapporto Istat su disoccupazione e occupazione rivela gli effetti che due anni di tsunami finanziario ed economico hanno avuto sulla società italiana, proponendo aggregati statistici inediti e in alcuni casi inquietanti.Come quei due milioni di giovani ( uno su sei nella fascia da i 15 e i 29 anni) che nel 2009 si ritrovavano fuori da tutto. Né scuola né lavoro. L’analisi è impietosa e rigorosa. Mostra un’Italia “malata d’Europa” per via della bassa crescita ormai decennale. Nel biennio 2008-2009 la flessione del PIL è stata più accentuata che in Germani e nel resto d’Europa.
Tra il 2001 e il 2009 l’Italica è il Paese che è cresciuto di meno. I consumi sono diminuiti di due punti, mentre sono rimasti stabili negli altri grandi Paesi europei. In un anno il potere d’acquisto pro-capite sotto il livello del 2000.
L’Italia ha tenuto solo grazie ai risparmi ( certo deteriorati) delle famiglie. Nell’emorragia del lavoro, che conta 380 mila unità in meno in un anno e 329mila inattivi (chi non cerca neanche il lavoro) in più, si è scelto di salvare i capifamiglia (alcuni) scaricando tutto il peso su giovani, donne
E stranieri ( che tuttavia reagiscono meglio). L’opzione di finanziare le CIG che ha comportato il rafforzamento delle tutele per i lavoratori stabili, di solito dei padri, a scapito dei precari, più frequentante figli. La percentuale dei giovani tra i 18 e i 34 anni costretti a restare a casa per ragioni economiche è salita al 58,6%. Ma la tutela dei ”padri” ha avuto un effetto positivo sul tasso di deprivazione, quell’indice che segnala i beni che ci si possono permettere, “considerando i redditi dei componenti , infatti, – si legge nel Rapporto Istat – la perdita imputabile all’uscita dal mercato del lavoro di un figlio di 15-34 anni è pari ( in media) al 28,3% del totale del reddito familiare, a fronte di un valore del 50,6% nel caso di un padre, e del 37,1% nel caso della madre”.

(LG-SP)

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