Detto questo, è bene che il rammarico per unoccasione persa, che resta comunque un tappa utile e rilevante di un grande processo politico e di trasformazione economica e tecnologica già in atto, non diventi sterile pessimismo; o, ancor peggio, non si traduca in disfattismo e ostacoli o freni alle politiche in corso.
In questo senso scrive ancora Carlo Corazza va letto il cauto, m solido ottimismo che traspare dalle dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel, già al lavoro da padrona di casa per il prossimo appuntamento di Bonn fra sei mesi. O anche quelle del Presidente Sarkozy, come la Merkel molto attento a leggere i lati più positivi di Copenhagen: carattere globale dellaccordo; 30 miliardi ai poveri entro il 2013 e, probabilmente, 100 miliardi allanno da qui al 2020; rinnovato consenso a non superare i due gradi; scambio di dati relativi alle emissioni. E dopo Bonn nuovo appuntamento a fine 2010 in Messico per tentare di strappare un accordo vincolante.
Da parte nostra vogliamo aggiungere che anche gli Stati Uniti si sono mossi con lintervento di Baraci Obama che è venuto incontro alle richieste dei suoi concittadini che gli chiedevano di mantenere il suo impegno in favore dellambiente, cercando di mediare tra chi gli chiede va un taglio del 20% entro il 2020 (i senatori democratici) e chi invece si opponeva a qualsiasi vincolo (tutti gli altri). La promessa che Obama è riuscito a strappare è a lungo termine, e parla di un taglio del 42% di C02 rispetto al 1990 entro il 2030, dell83% entro il 2050, e sembra che si possa chiudere, ma ancora non ufficialmente, sul 2020 per un 17%, una via di mezzo.
Da segnalare che, finalmente, anche la Cina ha deciso di aderire seriamente al taglio delle emissioni, e no n soltanto a parole come ha fatto sino a questo momento. Il problema è che inizierà le operazioni per diminuire le proprie emissioni di carbonio entro il 2050. A stabilirlo è stato il maggiore consigliere sul cambiamento climatico cinese, uno dei politici più influenti, intervistato dal Finalcial Times. E una data molto remota, ma si tratta almeno della prima volta che questa nazione ha fissato un periodo di tempo.
La Cina attualmente è in concorrenza con gli Stati Uniti per il posto in cima alla classifica mondiale sulle nazioni che sono le maggiori produttrici di emissioni di gas a effetto serra, e per questo la sua posizione al riguardo sarà al centro dellattenzione degli incontri post-Copenhagen.
Comunque, lEuropa potrà avere un ruolo importante, e dare un segnale forte. LUE infatti aveva promesso di stabilire un taglio del 20% delle emissioni entro il 2020 se gli altri Paesi non si fossero impegnati nella riduzione, e del 30% se lavessero fatto. Per come stanno ora le cose, visto che alcuni paesi si sono impegnati ed altri no, potrebbe decidere di attuare ugualmente il 30% per lanciare un segnale forte e spingere gli Stati Uniti, ma anche gli altri grandi pesi inquinatori come Brasile e India, ad impegnarsi, o rimanere legata al 20%, rischiando che ogni sforzo sia inutile.
(LG-FF)