L’Europa e l’Italia dopo Copenhagen di Carlo Corazza.

Riportiamo nel link questo articolo del Dott. Carlo Corazza, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea nel quale esprime il rammarico per un’occasione persa dal vertice ONU sui cambiamenti climatici, “che resta comunque una tappa utile e rilevante di un grande processo politico e di trasformazione economica e tecnologica già in atto “.

Secondo Corazza, “E’ inutile nascondersi dietro parole o utilizzare astratte formule diplomatiche. Rispetto agli obiettivi che (l’Europa) si era posta di un accordo universale da tradurre a breve in target ambiziosi e precisi vincolanti sia per i paesi industrializzati che per i Paesi in via di sviluppo, l’Europa non può che essere insoddisfatta.
Detto questo, è bene che il rammarico per un’occasione persa, che resta comunque un tappa utile e rilevante di un grande processo politico e di trasformazione economica e tecnologica già in atto, non diventi sterile pessimismo; o, ancor peggio, non si traduca in disfattismo e ostacoli o freni alle politiche in corso”.

“In questo senso – scrive ancora Carlo Corazza – va letto il cauto, m solido ottimismo che traspare dalle dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel, già al lavoro da padrona di casa per il prossimo appuntamento di Bonn fra sei mesi. O anche quelle del Presidente Sarkozy, come la Merkel molto attento a leggere i lati più positivi di Copenhagen: carattere globale dell’accordo; 30 miliardi ai poveri entro il 2013 e, probabilmente, 100 miliardi all’anno da qui al 2020; rinnovato consenso a non superare i due gradi; scambio di dati relativi alle emissioni. E dopo Bonn nuovo appuntamento a fine 2010 in Messico per tentare di strappare un accordo vincolante”.

Da parte nostra vogliamo aggiungere che anche gli Stati Uniti si sono mossi con l’intervento di Baraci Obama che è venuto incontro alle richieste dei suoi concittadini che gli chiedevano di mantenere il suo impegno in favore dell’ambiente, cercando di mediare tra chi gli chiede va un taglio del 20% entro il 2020 (i senatori democratici) e chi invece si opponeva a qualsiasi vincolo (tutti gli altri). La promessa che Obama è riuscito a strappare è a lungo termine, e parla di un taglio del 42% di C02 rispetto al 1990 entro il 2030, dell’83% entro il 2050, e sembra che si possa chiudere, ma ancora non ufficialmente, sul 2020 per un – 17%, una via di mezzo.

Da segnalare che, finalmente, anche la Cina ha deciso di aderire seriamente al taglio delle emissioni, e no n soltanto a parole come ha fatto sino a questo momento. Il problema è che inizierà le operazioni per diminuire le proprie emissioni di carbonio entro il 2050. A stabilirlo è stato il maggiore consigliere sul cambiamento climatico cinese, uno dei politici più influenti, intervistato dal Finalcial Times. E’ una data molto remota, ma si tratta almeno della prima volta che questa nazione ha fissato un periodo di tempo.
La Cina attualmente è in concorrenza con gli Stati Uniti per il posto in cima alla classifica mondiale sulle nazioni che sono le maggiori produttrici di emissioni di gas a effetto serra, e per questo la sua posizione al riguardo sarà al centro dell’attenzione degli incontri post-Copenhagen.

Comunque, l’Europa potrà avere un ruolo importante, e dare un segnale forte. L’UE infatti aveva promesso di stabilire un taglio del 20% delle emissioni entro il 2020 se gli altri Paesi non si fossero impegnati nella riduzione, e del 30% se l’avessero fatto. Per come stanno ora le cose, visto che alcuni paesi si sono impegnati ed altri no, potrebbe decidere di attuare ugualmente il 30% per lanciare un segnale forte e spingere gli Stati Uniti, ma anche gli altri grandi pesi inquinatori come Brasile e India, ad impegnarsi, o rimanere legata al 20%, rischiando che ogni sforzo sia inutile.

(LG-FF)

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