Il Rapporto annuale 2002 dell’ ISTAT – di cui riportiamo il testo – presenta il nostro Paese “con il freno tirato”.
Mercoledì 21 maggio 2003, a Roma, presso la Sala della Lupa del Palazzo di Montecitorio, è stato presentato , come tutti gli anni, il Rapporto annuale 2002 dell’ ISTAT, con il quale viene fatto il punto sulla situazione del Paese in campo economico, demografico e sociale. Esso rappresenta, dunque, uno strumento di servizio e conoscenza per le istituzioni, per le imprese, gli studiosi e per tutti i cittadini. Giunto alla sua undicesima edizione, aggiornata al 2002, il Rapporto – di cui riportiamo il testo parzialmente completo nel link, ma che è possibile scaricare interamente dal sito www.istat.it -fa il punto sulla posizione congiunturale e strutturale dell’ Italia in ambito europeo, in vista del semestre di presidenza italiana dell’ Unione. Ebbene, il Rapporto ci rivela che il nostro è un Paese ” con il freno tirato”, che rischia di rimanere fuori dall’ Europa per la finanza pubblica, la bassa competitività e l’ inflazione e che perde colpi anche rispetto a paesi emergenti,come la Cina, ad esempio. Infatti ” la capacità di crescita” del nostro sistema sono al di sotto della media europea. Sono invece positivi ” la dinamica occupazionale ( in particolare femminile), il costo del lavoro e la produttività del lavoro”. L’ analisi dell’ ISTAT parte dal dato sul PIL del 2002, che in Italia è cresciuto di appena lo 0,4%, segnando il risultato peggiore dal 1993. Il differenziale, rispetto all’ Unione europea, lievemente positivo nel 2001, è tornato ad essere negativo lo scorso anno di 0,4 punti percentuali, mentre in termini congiunturali il PIL mostra una moderata ripresa nella seconda metà del 2002, con un risultato migliore dell’ area UEM, e una contrazione nei primi tre mesi del 2003.Anche l’ inflazione è peggiore della media UE. Il debito pubblico ( 106,7%) resta il più alto dell’ Unione europea, mentre peggiora l’ avanzo primario. La dinamica della spesa pubblica appare largamente fuori controllo: le uscite vengono compensate con le vendite di immobili grazie a cui si è mantenuto il rapporto Deficit/Pil al di sotto del ” tetto” del 3% fissato da Maastricht. In questo quadro le famiglie e le aziende hanno affrontato il primo anno di euro ed il secondo di economia in frenata. Per molti è stata una lotta contro l’ impoverimento progressivo. Frena bruscamente il reddito disponibile delle famiglie. In termini nominali cresce del 3,6%, ma il potere d’ acquisto aumenta di solo mezzo punto.L’ anno prima era aumentato del 2,5%. Nell’ analisi delle fasce più deboli della popolazione, il Rapporto ISTAT segnala che il rischio povertà nel nostro Paese dopo i trasferimenti sociali è superiore a quello della media UE (18% contro il 15%).Un dato che segnala ” una scarsa rilevanza delle politiche assistenziali”. In sostanza, il Rapporto evidenzia che la gestione dell’economia nel nostro Paese ha registrato un vero disastro: le famiglie sono più povere e le imprese non investono.
Fonte: ISTAT
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