La mobilità professionale nell’Unione europea.

Secondo un sondaggio, diffuso dalla Commissione europea il 13 luglio 2010 rivela che un europeo su due sarebbe disposto a trasferirsi se non trova lavoro in patria. Circa 11,3 milioni di europei vivono in un paese dell’UE diverso dal proprio. Sono 4 milioni in più rispetto a dieci anni fa, ma rappresentano solo il 2,3% della popolazione.

Questi dati, contenuti in una relazione dell’UE in lingua inglese (vedi link) pubblicata il 13 luglio 2010, dimostrano che sono ancora troppo pochi gli europei che sfruttano il diritto a trasferirsi per lavoro in qualsiasi paese dell’Unione: uno dei principali vantaggi del mercato unico e un elemento chiave del suo successo.
La relazione fornisce un aggiornamento sui diritti dei lavoratori europei alla luce delle decisioni della Corte di Giustizia europea, che ne ha ampliato il campo di applicazione nel corso dell’ultimo decennio. Ad esempio, la nozione di “lavoratori” comprende ora anche chi h un’occupazione temporanea o gli atleti pagati per giocare in altri paesi dell’UE.

La relazione è il frutto del rinnovato impegno a promuovere la mobilità professionale all’interno dell’UE. Il nuovo piano economico decennale dell’Unione la giudica infatti indispensabile per combattere la disoccupazione, che ha raggiunto livelli record con la recessione. A maggio era a quota 9,6%, rispetto al 6,8% un anno prima, cioè prima della crisi finanziaria.

“La mobilità dei lavoratori può contribuire a ridurre la disoccupazione facendo incontrare domanda e offerta”, ha dichiarato il Commissario per l’occupazione Làszlò Andor”. Gli europei ne sono consapevoli, ma per andare a lavorare in un altro paese dell’UE bisogna ancora superre molti ostacoli. Un sondaggio pubblicato insieme alla relazione rivela che il 48% degli europei sarebbe disposto a cercare lavoro in un altro paese o in un’altra regione se perdesse il proprio posto. Il 17% prevede di emigrare in futuro.

Oltre agli ostacoli giuridici, gli europei incontrano anche problemi amministrativi e pratici. L’alloggio, la lingua e il lavoro per il coniuge sono solo alcuni dei fattori che incidono sulla mobilità transfrontaliera.

(LG-FF)

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