Il principio enunciato dal TAR del Lazio-Sezione terza ter, con sentenza n. 126/2003 depositata ilo 15 gennaio 2003.
“
nei limiti in cui in motivazione il ricorso in epigrafe indicato, e per l’ effetto ordina all’ INFIN in persona del legale rappresentante p.t. di fornire al Consiglio dell’ Ordine ricorrente tutte le informazioni disponibili in forma scritta, visiva o sonora relative alle captazioni idropotabili, alle falde idriche del Gran Sasso, allo stato delle acque, dell’ aria, del suolo, della flora, della fauna e del territorio interessato, alle attività e agli strumenti di tutela delle predette componenti ambientali
”. Questo il testo della sentenza n. 126/2003, depositata il 15 gennaio 2003, emessa dalla Sezione terza ter del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio con la quale è stato, seppure parzialmente,accolto il ricorso del Consiglio dell’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Teramo contro l’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per il diniego da quest’ ultimo avanzato sulla richiesta di accesso ai documenti riguardanti la sicurezza del sistema integrato dei laboratori sotterranei e delle attività ivi svolte, delle gallerie stradali, delle falde idriche del Gran Sasso con riferimento altresì all’ incidenza che esso sistema assume sullo stato delle acque, dell’ aria, del suolo, della flora, della fauna e del territorio interessato, nonché sulle attività, le misure, gli strumenti di tutela delle predette componenti ambientali, inoltrata dal Consiglio dell’ Ordine in data 16 giugno 2002.Con questa sentenza, i giudici amministrativi hanno affermato, dunque, che il diritto alle informazioni sull’ ambiente spetta a chiunque ne faccia richiesta, perché in questo modo tutti possono avere notizie sui beni ambientali e possono esercitare un controllo su di essi, data la loro importanza per la collettività. Il Consiglio dell’ Ordine, quindi, era legittimato ad accedere alle informazioni richieste, con esclusione di quelle attinenti la sicurezza dei lavoratori, le quali esulano dalla materia ambientale in quanto riguardano la sicurezza e l’ incolumità delle persone che lavorano nei laboratori sotterranei. La sentenza del TAR del Lazio, sottolinea inoltre la validità della normativa vigente in materia di informazione ambientale, richiamandosi al D.Lgs. 39/1997 e alla Legge 241/1990. Infatti, l’ art. 1 del D.Lgs. N. 39/1997 ( “Decreto di attuazione della direttiva 90/913/CE, concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente”) stabilisce che le disposizioni del decreto hanno lo scopo di assicurare a chiunque la libertà di accesso alle informazioni relative all’ ambiente in possesso delle autorità pubbliche, nonché la diffusione delle medesime, definendo i termini e le condizioni in base ai quali tali informazioni devono essere rese disponibili.L’ art. 4 dello stesso decreto legislativo stabilisce invece i casi di esclusione dall’ informazione. L’ art. 22 della Legge 241/1990 ( Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) stabilisce che al fine di assicurare la trasparenza dell’ attività amministrativa e di favorire lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge.
Fonte: TAR Lazio
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