Licenziamento lavoratrice per espressioni offensive sui colleghi: sentenza Cassazione

La Suprema Corte si è pronunciata sul licenziamento di una infermiera professionale che aveva proferito espressioni offensive sulla capacità e professionalità del personale e rivelato notizie riservate idonee a ledere l’estimazione di serietà del datore di lavoro (una struttura ospedaliera)

Per la Cassazione il fatto concreto addebitato al lavoratore va valutato nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante alla potenzialità del medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 19232 del 14 settembre 2007, in fattispecie concernente il licenziamento della lavoratrice (infermiera professionale addetta al blocco operatorio) che aveva proferito espressioni offensive sulla capacità e professionalità del personale e propalato notizie riservate idonee a ledere l’estimazione di serietà del datore di lavoro (una struttura ospedaliera), ha fatto applicazione del principio, costantemente affermato, per cui, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata abbia compromesso la fiducia, necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro, ne va tenuta presente la differenziata intensità, a seconda della natura e qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell’oggetto delle mansioni e del grado di affidamento richiesto.

La Suprema Corte, inoltre, cassando con rinvio la decisione della corte territoriale, ha rilevato, fra l’altro, l’inadeguata valutazione, da parte del giudice del merito, della ritenuta assenza di danno che la divulgazione (anche nei confronti dello stesso personale dell’azienda, nonché per la diffusiva potenzialità verso l’esterno) della notizia propalata dalla lavoratrice (presenza di medicinali, attrezzature e supporti medico – chirurgici scaduti) assumeva per l’immagine di una struttura ospedaliera.

AG

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