Lo afferma anche Draghi: in Italia le retribuzioni più basse d’Europa.

In occasione di una lezione sul tema “Consumo e crescita in Italia”, tenuta il 26 ottobre scorso all’Università di Torino, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha dichiarato che in Italia le retribuzioni sono troppo basse rispetto agli altri paesi europei. A pari condizioni, i salari sono inferiori del 10% rispetto alla Germania, del 20% rispetto al Regno Unito e del 25% rispetto alla Francia.

Secondo il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, il reddito deve tornare a crescere, e per questo bisogna rilanciare la produttività, far ripartire i consumi, puntare sull’istruzione dei giovani che, da parte loro, non devono pagare il prezzo della flessibilità del lavoro. Ovvero, flessibilità non può significare precarietà, motivo sostanziale per cui i ragazzi fanno sempre più fatica ad uscire dalla casa di mamma e papà, tanto da venire definiti “bamboccioni” nientemeno che dal Ministro dell’economia.
All’Università di Torino per una lezione, il Governatore della Banca d’Italia ha fatto piazza pulita di tante polemiche governo-imprese-sindacati su buste paga e mobilità del lavoro, mentre lo sguardo sui giovani diverge parecchio da quello di Padoa-Schioppa. La sua è un’analisi allarmata dello stato dell’economia, e un invito alla politica ad “aumentare redditi e consumi per far ripartire la crescita”.
Infatti, Draghi – come si può leggere nel testo della lezione che riportiamo nel link – mette il dito su una delle grandi piaghe trascurate dall’economia italiana: il blocco dei redditi degli italiani, un blocco che ha permesso che si creassero delle forti differenze salariali rispetto agli altri Paesi.
Differenze salariali, tra l’altro, anche molto variegate: sono più contenute per i giovani, crescono per le classi di lavoratori di età centrale, si annullano per gli anziani, diminuiscono nelle occupazioni manuali e meno qualificate. In Italia ai giovani, oltre redditi bassi che nel resto dei paesi sviluppati, tocca anche la precarietà. Una precarietà che stà cambiando perfino le nostre famiglie, visto che il nostro è il Paese con il più alto numero di giovani che convivono con i genitori e con il più basso numero di capifamiglia sotto i 30 anni.
I sindacati dei lavoratori, che sostengono le stesse cose da anni, dicono –come ha dichiarato Epifani, Segretario generale della CGIL – che tutti sostengono che i salari sono troppo bassi, “però poi i margini per risolvere il problema non ci sono mai “. Poi, Epifani ha ribadito che “noi chiediamo meno fisco sul lavoro dipendente, equità e rinnovo dei contratti nei tempi giusti, perché non si può non usare il fisco per il lavoro e rinviare i contratti e poi lamentarsi perché i salari sono troppo bassi. E’inammissibile”. In aggiunta, il leader della Cisl, Bonanni, ripropone di “ridurre la tassazione su tutti i prossimi rinnovi contrattuali, legando gli aumenti ad una maggiore produttività”

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