Mobbing: guida pratica per tutelarsi e avere sostegno

Realizzato dall’agenzia Umbria ricerche per conto della Regione, lo strumento offre informazioni e notizie utili per riconoscere il fenomeno e denunciarlo. Secondo una ricerca condotta due anni fa dalla Cgil Umbria un lavoratore su tre ne è vittima, in particolare le donne tra 30 e 40 anni

Mobbing: come riconoscerlo e quali sono gli strumenti a disposizione del lavoratore per tutelarsi. Informazioni tanto semplici quanto necessarie, contenute nell’opuscolo informativo che l’agenzia Umbria ricerche ha realizzato su incarico della Regione e presentato a Perugia nei giorni scorsi.
La guida, curata dal ricercatore Giuliano Bussotti, oltre a illustrare il fenomeno del mobbing e la sua evoluzione negli ultimi anni, offre informazioni sulla tutela giuridica, consigli e numeri utili di strutture istituzionali e sanitarie di riferimento alle quali il lavoratore “mobbizzato” può rivolgersi per avere sostegno.

Secondo una ricerca condotta due anni fa dalla Cgil Umbria, un lavoratore su tre subisce mobbing in varie forme, più o meno pesanti. Le vittime sono soprattutto donne, nella fascia di età compresa tra i 30 e i 40 anni. Un dato accomuna le lavoratrici e i lavoratori “mobbizzati”: la difficoltà a chiedere subito aiuto e a rivolgersi alle istituzioni o al sindacato; in molti casi si preferisce, infatti, parlarne solo con i familiari o con gli amici.
“Tra pochi mesi sarà pronta una ricerca esaustiva sul fenomeno del mobbing in Umbria”, anticipa Giuliano Bussotti. “La base da cui siamo partiti è proprio l’ultima indagine realizzata dalla Cgil Umbria. Il primo dato che si può segnalare è che sono circa il 10% i lavoratori che rientrano nei parametri di definizione del mobbing, relativamente alla sistematicità e alla frequenza degli atti persecutori.

Un elemento di preoccupante continuità è dato dalla prevalenza delle donne, nella maggior parte dei casi giovani, nel pieno della vita lavorativa e, spesso, con una famiglia”.

L’Umbria, accanto al Friuli Venezia Giulia e all’Abruzzo, ha emanato nel 2005 una legge regionale, (18/2005, ndr) in cui vengono delineati compiti, responsabilità e percorsi mirati a prevenire il fenomeno, monitorare la sua evoluzione grazie all’Osservatorio regionale dei casi di mobbing e fronteggiare le conseguenze psicologiche e fisiche sui lavoratori. “Nonostante il vuoto normativo a livello europeo, l’Umbria si è mossa prima e più in fretta delle altre regioni italiane”, continua Bussotti, “e sicuramente una delle novità contenute nella legge è proprio l’istituzione dell’Osservatorio che, oltre ai compiti di ricerca, deve fornire direttive precise alle strutture sanitarie pubbliche, chiamate a dare assistenza medico-legale e psicologica alle vittime del mobbing, annoverato dall’INAIL tra le malattie professionali”.

“Ma occorre fare di più, la legge da sola non basta”, sottolinea il ricercatore. “E’ necessario inserire la politica di monitoraggio e di vigilanza nelle “pieghe” dei contratti collettivi nazionali di lavoro, delineando così una buona prassi di gestione del rischio mobbing, sia nel pubblico che nel privato”. Una prassi che dovrebbe far parte integrante, in particolare, degli accordi integrativi aziendali di secondo livello e dei codici di condotta, più vicini al territorio e alle realtà lavorative della regione. Come dire, ogni azienda deve ritenersi responsabile nella prevenzione delle varie forme di mobbing, così come ogni lavoratore deve informarsi adeguatamente per poter chiedere una tutela immediata, limitando il più possibile le conseguenze sulla sua salute psico-fisica.

“La diffusione dell’opuscolo informativo è stata comunque l’occasione per riunire attorno allo stesso tavolo tutti gli attori istituzionali coinvolti nel problema”, conclude Bussotti, “dalle Asl ai sindacati, dalle istituzioni regionali al mondo delle imprese. Una sinergia necessaria che potrebbe tornare utile subito, a partire dalla messa a regime di un nuovo sistema di valutazione dei rischi e delle criticità, adottabile da tutti e trasversale a ogni realtà lavorativa”.

(Pa-Ra)

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