Monitoraggio sugli standard di qualità nell’ ambiente acquatico per le sostanze pericolose

La Direttiva 27 maggio 2004 del Ministero dell’ ambiente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 137 del 14 giugno 2004.

Entro il 31 dicembre 2004 le Regioni, come previsto dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, dovranno aver svolto un’ attività conoscitiva volta all’ individuazione delle pressioni antropiche ed al rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici e quindi aver approvato i piani di tutela delle acque per la prevenzione dei rischi provocati dalla presenza nei corpi idrici di sostanze pericolose. Considerato che il Parlamento ha conferito al Governo la delega per il recepimento della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’ azione comunitaria in materia di acque e con l’ adozione del testo unico sulle acque previsto dal disegno di legge sulla delega ambientale, mediante il quale il Governo stesso intende riordinare la normativa vigente in vista degli obiettivi comunitari di qualità da conseguire entro il 2015, il Ministero dell’ ambiente e della tutela del territorio ha emanato la Direttiva 27 maggio 2004 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 137 del 14 giugno 2004 – recante le ” Disposizioni interpretative delle norme relative agli standard di qualità nell’ ambiente acquatico per le sostanze pericolose”. La direttiva, infatti, detta chiarimenti sul alcune disposizioni del decreto ministeriale n. 367/2003, il cui obiettivo è di fissare ” in modo uniforme su tutto il territorio nazionale gli standard di qualità nell’ ambiente acquatico nella matrice acquosa, per i corpi idrici significativi e per quelli a specifica destinazione, al fine di assicurare un’ elevata tutela ambientale alle scadenze temporali fissate dal decreto legislativo n. 152/1999 al 2008 ( art. 5, comma 3) e al 2015 ( art. 4, comma 4), per le sostanze pericolose individuate a livello comunitario, immesse nell’ ambiente idrico da fonti puntuali e diffuse. In base alla Direttiva ministeriale, il citato decreto legislativo va pertanto interpretato ed applicato nel rispetto del quadro normativo costituito al suo titolo IV che individua come strumenti di tutela i piani di tutela delle acque e la disciplina degli scarichi.Nella direttiva si chiarisce, in particolare, che le disposizioni del decreto ministeriale n. 367/2003 concernenti gli scarichi si applicano, ai sensi dell’ art. 34, comma 1, del decreto legislativo n. 152/1999, agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l’ utilizzazione delle sostanze pericolose considerate nel decreto stesso e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche analitiche disponibili. Si tratta pertanto – precisa il ministero – di due condizioni concorrenti e soltanto in presenza di entrambe si deve ritenere che gli scarichi siano da qualificare ” scarichi di sostanze pericolose”.

Approfondimenti

Precedente

Prossimo