Parità di trattamento tra persone di diversa origine etnica

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003, il Decreto legislativo 9 luglio 2003,n.215 che recepisce la direttiva 2000/43/CE

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003, è pubblicato il Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 con il quale il Presidente della Repubblica reca la disposizioni relative all’ attuazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio dell’ Unione europea del 20 giugno 2000 sul principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’ origine etnica. Il decreto legislativo – che si richiama in particolare al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’ immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modifiche – dispone, infatti, le misure necessarie affinchè le differenze di razza e di origine etnica non siano causa di discriminazione, anche in un’ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini, nonché dell’ esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso. La nozione di discriminazione è chiaramente definita all’ art. 2 il quale recita che ” per principio di parità di trattamento si intende l’ assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’ origine etnica. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta, così come di seguito definite: a) discriminazione diretta quando, per la razza o l’ origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga; b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone. Sono altresì considerate come discriminazioni anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo e l’ effetto di violare la dignità di una persona o di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo. Inoltre, è fatto salvo il disposto dell’ art. 43, commi 1 e 2 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998 che considera atto discriminatorio ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulle convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo e l’ effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’ esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica. La tutela giurisdizionale dei diritti è stabilita dall’ art.44 ( Azione civile contro la discriminazione) del citato decreto legislativo n. 286 del 1998 ( Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 42) il cui testo recita che quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice può su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.

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