Per una dimensione universale della formazione e della ricerca

Il testo dell’ introduzione al convegno “Università oltre le nazioni” ( Torino, 24-26-11-2003) tenuta dal Prof. Piero Tosi, Magnifico rettore dell’ Università di Siena e Presidente del CRVI

In occasione del seicentesimo anno della fondazione dell’ Università di Torino, si è svolto, dal 24 al 26 novembre 2003, il Convegno sul tema ” Università oltre le nazioni: per una dimensione universale della formazione e della ricerca”. La relazione introduttiva al Convegno è stata tenuta dal Prof. Piero Tosi, Magnifico Rettore dell’ Università di Siena e Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ( CRVI). In questa introduzione – il cui testo riportiamo nel link – il Prof. Tosi affronta alcune problematiche che investono le università italiane, come il ” processo di internazionalizzazione” e quindi l’ esigenza di superare la dimensione nazionale della formazione e della ricerca, ” tema di questo importante Convegno sul quale esiste un diffuso consenso generale, all’ interno della nostra comunità accademica e nell’ opinione pubblica”.Questo processo ha abbastanza recenti. Fino alla seconda metà degli anni Ottanta, infatti, non esisteva in Europa un programma strutturato di mobilità e di scambio, neppure tra i Paesi membri originari della Comunità Europea. Ricordando il programma lanciato dagli Stati Uniti nell’ immediato dopoguerra con il Fulbright Exchange Programme, indirizzato a studenti e docenti, ” che tanto ha contribuito al dialogo interculturale e alla cooperazione scientifica tra le due sponde dell’ Atlantico”, il prof. Tosi ha affermato che quando, verso la fine degli anni Ottanta, ” con l’ Atto Unico Europeo si prefigurava ormai la creazione di un mercato unico aperto alla libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone, noi europei ci siamo trovati in una condizione simile, almeno in un certo senso, a quella in cui si erano trovati gli americani quarant’anni prima. Anche noi – francesi, italiani, tedeschi, olandesi, spagnoli…-avevamo essenzialmente bisogno di conoscerci e farci conoscere.Per questo si è cominciato a sviluppare il programma di cooperazione interuniversitaria Erasmus, che ha consentito l’ avvio di una prima fase della internazionalizzazione del sistema universitario attraverso la mobilità studentesca, le visite dei docenti e lo sviluppo progressivo di progetti comuni d’ insegnamento”. Sebbene questa prima fase sia stata contrassegnata da limiti rilevanti, sia finanziari che operativi – le iniziative e gli accordi di cooperazione facevano capo a singoli docenti-coordinatori e non all’ Università – essa ha tuttavia permesso una rapida presa di coscienza da parte della comunità accademica della importanza strategica della cooperazione internazionale come fattore di ammodernamento e di integrazione a livello europeo. Negli anni Novanta l’ internazionalizzazione dell’ università ha subito una forte accelerazione per effetto di nuove politiche poste in essere sia a livello europeo ( programma Socrates, ad esempio) che a livello nazionale (con programmi strutturati che vanno al di là della mera mobilità e scambio di studenti e docenti).Il processo d’ internazionalizzazione dell’ Università italiana rimane, comunque, ancora limitato, per l’ assenza di una prospettiva di lungo periodo e per la mancanza di un coordinamento con i programmi di finanziamento della ricerca, ” che purtroppo risultano limitati all’ ambito nazionale “…”Occorre ripetere, con ferma convinzione che una caratteristica essenziale dell’ Università è data dal legame inscindibile tra attività di ricerca scientifica e attività didattica. E’ soprattutto questo a distinguere l’ Università da altre strutture d’ insegnamento e di formazione emergenti sul mercato. E’ un legame che riteniamo debba essere ancor più potenziato e valorizzato nei rapporti di cooperazione internazionale.

Approfondimenti

Precedente

Prossimo