Al processo Thyssenkrupp parlano i parenti delle vittime e un collega dei sette operai morti nel rogo del 6 dicembre 2007.
Fabio Simonetta racconta delle condizioni della fabbrica in via di dismissione: “Rispetto al 2003, quando ho cominciato – dice- c’era stato un cambiamento enorme. La manutenzione non si faceva piu’, e la ditta delle pulizie degli impianti arrivava una volta la settimana anziche’ tutti i giorni”.
“C’erano incendi tutti i giorni” aggiunge l’operaio “In prima battuta dovevamo intervenire noi, poi chiamare la squadra di emergenza, composta da due colleghi”.”
Poi descrive la notte della strage: “Non si vedeva niente. C’erano fiamme alte fino al soffitto, fumo. E si sentiva odore di carne bruciata”. Questa la scena che Fabio Simonetta ricostruisce davanti ai giudici della Corte d’Assise di Torino testimoniando al processo contro i sei dirigenti della multinazionale dell’acciaio.
————————-
5.a udienza.
Un video «choc» girato dalla polizia scientifica la notte del rogo alla Thyssen è stato proiettato in aula su richiesta del pm, nonostante la difesa non fosse d’accordo.
Il filmato e altre foto proiettate mostravano le immagini del cadavere di Antonio Schiavone, il primo operaio a perdere la vita nella tragedia dello stabilimento di corso Regina.
Alcuni parenti delle vittime e altri operai sono usciti prima che venissero mostrate, altre persone sono scoppiate in lacrime durante la proiezione.
A illustrarle è stata chiamata come testimone una ispettrice di polizia, che ai tempi del rogo era in servizio alla squadra scientifica di Torino e intervenuta per i rilievi.
Commovente ricordo dell’ispettore capo della polizia Massimo Galasso chiamato come testimone dell’accusa: «Ho scavalcato un corpo e all’inizio non ho neanche capito che era un essere umano, mi era sembrato un sacco dell’immondizia, poi un altro mi è sbucato davanti e mi ha detto che non voleva morire allora io gli ho stretto la mano».
Prima è stata sospesa a seguito delle dure proteste di alcuni familiari invitati a lasciare l’aula.
A motivare la richiesta il fatto che alcuni di loro figurassero anche nell’elenco dei testi e – per questo – in base alle norme di legge non autorizzati a seguire le udienze.
Poi è ripresa con le foto della Scientifica e la registrazione della telefonata dell’operaio Barbetta al 118, che conferma: “Non avevamo la professionalità necessaria per spegnere i continui incendi ”
“Io non esco di qua”, ha gridato la madre di Rosario Rodinò, uno degli operai scomparsi nel rogo. Altri parenti, invece, hanno preso a battere i pugni sui banchi.
Una situazione caotica che ha costretto la presidente della Corte d’Assise, Maria Iannibelli, a sgomberare l’aula.
Dopo Galasso è stato sentito l’operaio Piero Barbetta, che chiamò per primo il 118.
In aula è sceso il gelo quando è partita la registrazione di quella telefonata shockante.
Barbetta ha successivamente rievocato le condizioni di lavoro nella fabbrica, affermando che nello stabilimento – ormai in dismissione – scoppiavano principi di incendio quasi tutti i giorni.
“Noi non avevamo la professionalità necessaria, ma intervenivamo sempre”, ha detto. “Avevo fatto solo un corso di addestramento dove mi avevamo spiegato come si impugnava la lancia dell’estintore, la manichetta e altro.
Alla fine era previsto un esame dai vigili del fuoco.
Ma l’azienda non ce lo fece fare.
Solo se non riuscivamo a spegnere le fiamme chiamavamo la squadra antincendio, che era in una palazzina distaccata.
Certo, loro erano addestrati, ma la maggior parte se ne erano andati.
E quella sera noi eravamo impotenti”.
(Pa-Ra)