“Quale ruolo del tecnico della prevenzione nell’approccio ai sistemi sociotecnici” di Michele Montresor e Simona Strano

Pubblichiamo l’approfondimento “Quale ruolo del tecnico della prevenzione nell’approccio ai sistemi sociotecnici” di Michele Montresor e Simona Strano, Tecnici della Prevenzione dell’ATS Val Padana.

Quale ruolo del tecnico della prevenzione nell’approccio ai sistemi sociotecnici

Abstract
Il presente contributo si propone di affrontare lo spinoso problema delle competenze dei Tecnici della Prevenzione (TdP) nei luoghi di lavoro, pubblici o privati, laddove questi siano tenuti a confrontarsi con le imprese appartenenti ai sistemi c.d. sociotecnici e di come l’approccio dovrebbe essere caratterizzato, per un efficace intervento preventivo, dalla multidisciplinarietà e dal lavoro in equipe.

Presentazione
I sistemi sociotecnici, nell’ambito della sicurezza sul lavoro, possono essere spiegati dapprima rifacendoci ai sistemi complessi. Una delle definizioni più accettate di “sistema complesso” è di essere caratterizzato da un comportamento che dipende in modo cruciale dai dettagli del sistema stesso. Ѐ un sistema complesso proprio perché il comportamento futuro del sistema dipende in modo critico dalle condizioni iniziali. Inoltre, è difficilmente prevedibile, quantomeno in modo lineare. Un sistema complesso, infatti, è molto di più della somma delle sue singole parti. Infatti:
– I sistemi complessi sono sistemi aperti alle influenze dell’ambiente in cui operano e a loro volta influiscono sull’ambiente stesso. Questa “apertura” è indice della difficoltà di inquadrare i confini del sistema che si osserva;
– In un sistema complesso, ogni componente non conosce il comportamento dell’intero sistema e non ne conosce gli effetti in modo totale. Le componenti rispondono localmente alle informazioni presentate nell’immediato. La complessità nasce dalle molteplici reti di relazioni e interazioni che risultano da queste azioni locali;
– La complessità è una caratteristica del sistema, non delle sue componenti. La conoscenza di ogni componente è limitata e locale, e non c’è alcuna componente che sia in grado di rappresentare in sé la complessità dell’intero sistema. Questo è il motivo per cui il comportamento dell’intero sistema non può essere ridotto al comportamento delle sue componenti costitutive, ma solo caratterizzato dalla moltitudine di relazioni, tra di loro sempre mutevoli;
– I sistemi complessi operano in condizioni poco equilibrate. Le componenti richiedono costantemente risorse in ingresso per poter mantenere il sistema funzionante. Senza quel costante flusso di azioni e di risorse in ingresso, il sistema non può sopravvivere in un ambiente mutevole. La prestazione dei sistemi complessi e tipicamente ottimizzata al confine del caos, proprio prima che il comportamento del sistema diventi irriconoscibilmente turbolento;
– I sistemi complessi hanno una storia e dipendono dal loro percorso. Il loro passato è responsabile del loro comportamento presente, e le descrizioni della complessità devono tenere conto della storia del sistema;
– Le interazioni nei sistemi complessi non sono lineari. Questo significa, ad esempio, che c’è un’asimmetria tra le risorse in ingresso e quelle in uscita, e che piccoli eventi possono produrre grandi risultati. L’esistenza di cicli di retroazione implica che i sistemi complessi possono contenere moltiplicatori (per cui l’aumento di una cosa significa l’aumento di un’altra che, a sua volta, produrrà l’aumento della prima, e così via) e il cosiddetto “effetto farfalla”.

L’articolo completo di Michele Montresor e Simona Strano è disponibile per gli abbonati.

Fonte: Associazione Ambiente e Lavoro

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