Reati ambientali: visioni contrapposte tra Unione europea e Governo italiano

Mentre l’ UE adotta la Decisione Quadro 2003/80/GAI che prevede l’inasprimento delle pene, il Governo italiano presenta un DDL per la “depenalizzazione” dei reati ambientali

Due modi diversi di concepire la tutela dell’ ambiente si stanno contrapponendo, dal punto di vista del diritto penale, tra l’Unione europea e il Governo italiano. Infatti, nel momento in cui l’Unione europea, ” preoccupata per l’ aumento dei reati contro l’ ambiente e per le loro conseguenze, che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati ove tali reati vengono commessi” , ha adottato la Decisione quadro 2003/80/GAI del 27 gennaio 2003 relativa alla protezione dell’ ambiente attraverso il diritto penale, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’ Unione europea n. L 29/55 del 5 febbraio 2003, il Governo italiano, evidentemente partendo dal presupposto che l’ ambiente e la salute dei cittadini vengano dopo gli interessi delle lobby’s economiche ( teoria Bush che pur rappresentando il paese a più alto inquinamento del pianeta, non firma il Protocollo di Kyoto) ha presentato,il 14 gennaio 2003, su proposta del Ministro della Giustizia, onorevole ingegner Castelli, un Disegno di legge di riforma del Codice Penale che contiene la ” depenalizzazione” o comunque la revisione di circa 200 reati, molti dei quali di natura ambientale. La stesura di tale proposta di riforma è stata predisposta dalla ” Commissione ministeriale di studio per la riforma del Codice penale ( nota come Commissione Nordio perché presieduta dal noto magistrato veneziano, Carlo Nordio) su incarico dello stesso Ministro Castelli. In particolare, la proposta di modifica del codice penale riguarda l’art. 18- Capo II ” Depenalizzazione di reati previsti da leggi speciali” che prevede ipotesi di depenalizzazione di reati ” ambientali”: dalle violazioni in campo edilizio ai reati venatori e tutela della fauna selvatica; dal commercio d’animali protetti alla tutela dell’ozono e del mare; dall’inquinamento atmosferico all’etichettatura di preparati e sostanze pericolose; dal commercio di prodotti pericolosi, medicine, alla salute. La proposta di ” depenalizzazione” consiste nel commutare alcuni fatti o comportamenti considerati dalla legge come illeciti penali, ossia reati, e di conseguenza puniti con sanzioni penali, in illeciti amministrativi e quindi “puniti” semplicemente con una sanzione amministrativa. Insomma, il contrario di quanto il Consiglio dell’Unione europea ha adottato con la Decisione quadro 2003/80/GAI del 27 gennaio 2003 che considera i reati contro l’ambiente un problema ” cui sono confrontati tutti gli Stati membri, che dovrebbero pertanto agire di concerto per proteggere l’ambiente in base al diritto penale”. Il Consiglio dell’UE ha ritenuto, dunque, che la presente Decisione quadro, basata sull’art. 34 del Trattato dell’Unione, costituisca uno strumento adeguato per imporre agli Stati membri l’obbligo di prevedere sanzioni penali. I reati contro l’ambiente devono impegnare la responsabilità non solo delle persone fisiche, ma anche delle persone giuridiche, stabilendo altresì una competenza giurisdizionale allargata riguardo ai suddetti reati, in modo da evitare che persone fisiche o giuridiche possano sottrarsi al procedimento penale per il semplice fatto che il reato non è stato commesso nel loro territorio. La differenza tra la posizione assunta dall’Unione europea appare così clamorosamente in contrasto con la ” depenalizzazione” proposta dal Governo italiano che, se approvata, incoraggerebbe i gravi fenomeni derivanti, ad esempio, dai traffici illeciti di rifiuti, dall’inquinamento industriale e da tutti quei ” delitti ambientali” dai quali derivano rilevanti interessi economici, legati spesso alla criminalità organizzata

Fonte: Eur-Lex

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