Ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche: riassetto della normativa.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2010 è pubblicato il Decreto Legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 relativo al “Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99. (10G0037)

La legge 23 luglio 2009, n. 99, reca le disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, ed in particolare l’articolo 27, comma 28.

L’articolo 1 del presente decreto legislativo recita che:
1. La ricerca e la coltivazione a scopi energetici delle risorse geotermiche effettuate nel territorio dello Stato, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, quale definita dalla legge 21 luglio 1967, n. 613, sono considerate di pubblico interesse e di pubblica utilità e sottoposte a regime abilitativi ai sensi del presente decreto per il quale valgono le seguenti definizioni:
a) sono risorse geotermiche ad alta entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido reperito superiore a 150°C;
b) sono risorse geotermiche a media entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido reperito compresa tra 90°C e 150°C;
c) sono risorse geotermiche a bassa entalpia quelle caratterizzate da una temperatura del fluido reperito inferiore a 90°C.

Sono considerate d’interesse nazionale le risorse geotermiche ad alta entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, tale da assicurare una potenza erogabile complessiva di almeno 20 MW termici, alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi; sono inoltre di interesse nazionale le risorse geotermiche economicamente utilizzabili rinvenute in aree marine.

L’assegnazione del permesso di ricerca – come previsto dall’art. 3 Capo II – ha carattere esclusivo ed è rilasciato dall’autorità competente ad operatori in possesso di adeguata capacità tecnica ed economica, contestualmente all’approvazione del programma dei lavori allegato alla domanda ed a seguito di un procedimento unico svolto nel rispetto dei principi di semplificazione stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate.
Nel caso l’autorità competente sia il Ministero dello sviluppo economico, il permesso di ricerca è rilasciato di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 78, denominata CIRM.
Il permesso di ricerca può coprire aree di terra o di mare con superficie massima di 300 chilometri quadrati e la durata massima del permesso è di quattro anni, prorogabile per non oltre un biennio.

Possono essere accordati ad uno stesso soggetto, direttamente o indirettamente, più permessi di ricerca purchè l’area complessiva non risulti superiore a 5.000 chilometri quadrati in terraferma ed in mare, fermo restando che l’rea complessiva ricadente in un singola Regione non può superare i 1000 chilometri quadrati.

Qualora nel corso delle perforazioni vengano rinvenuti idrocarburi liquidi o gassosi ne deve essere data immediata comunicazione al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
L’autorità mineraria, ove il quantitativo scoperto si manifesti significativo agli effetti di una utilizzazione energetica, ed in attesa dei necessari accertamenti, può ordinare la sospensione dei lavori di perforazione.

(LG-FF)

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