Sentenza Cassazione Civile: lo studio professionale deve essere in regola con il D.Lgs. 81/08 per avere diritto alle agevolazioni fiscali

Con la recente sentenza n. 21698 del 22 ottobre 2010, la Cassazione Civile Sezione Tributaria ha ricordato che “la Legge 388/2000 dispone che “il credito d’imposta spetta a condizione che siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dai D.Lgs. 626/94 e D.Lgs.494/96, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro”.

Nella fattispecie, i funzionari dell’Agenzia delle Entrate si erano recati presso uno studio legale per verificare l’esistenza dei presupposti previsti dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 5, per il credito d’imposta dalla medesima associazione professionale detratto in compensazione per gli anni d’imposta 2001 e 2002, e “all’esito della verifica” i verbalizzanti avevano rilevato che “la società non è stata in grado di esibire la documentazione riguardante la normativa della sicurezza sul lavoro L. n. 626 del 1994” e pertanto le avevano revocato tale credito di imposta.

Lo Studio Legale ha così ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha precisato che “la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, comma 5, dispone (per quanto interessa) che “il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta a condizione che… d) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dai D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro”.
Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4, comma 11, a sua volta, dopo averlo escluso (“non è soggetto”) dagli “obblighi di cui ai commi 2 e 3”, impone (“è tenuto comunque”; “deve essere inviata”) al “datore di lavoro” (sia “delle aziende familiari” che “delle aziende che occupano fino a dieci addetti”) (1) di “autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l’adempimento degli obblighi ad essa collegati” e (2) di inviare tale “autocertificazione… al rappresentante per la sicurezza”.
Dal congiunto esame delle riprodotte disposizioni si ricava che l'”autocertificazione” (sempre che sia stata anche inviata al “rappresentante per la sicurezza”) costituisce “condizione” normativa per poter fruire (con il concorso delle altre “condizioni” indicate nella stessa norma) del “credito d’imposta”, quindi un elemento indefettibile dell’astratta fattispecie regolatrice del beneficio fiscale avente ad oggetto detto “credito”.”

“Di conseguenza” – ha concluso la Corte – “si rivelano del tutto prive di conferenza le contestazioni della ricorrente circa il “carattere formale e non sostanziale della violazione contestata” ovvero sull’inesistenza del “potere dei dipendenti dell’Agenzia… di effettuare l’accertamento delle violazioni afferenti le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori” od al “carattere definitivo dell’accertamento effettuato” non avendo la stessa contestato (come accertato dal giudice del merito) la materiale inesistenza della “condizione” – data (1) dalla formazione dell'”autocertificazione” ovverosia dell’attestazione scritta del datore di lavoro avente un contenuto niente affatto formale perché con la stessa quel datore deve dichiarare, assumendosene la responsabilità, (a) di avere effettuato la “valutazione dei rischi” e, soprattutto, (b) di avere adempiuto agli “obblighi ad essa collegati” (ovverosia agli “obblighi… collegati” alla operata “valutazione dei rischi”) e (2) dall’invio della stessa al ” rappresentante della sicurezza” – indispensabile, giusta il combinato disposto della L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 5, e del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 11, per fruire del “credito di imposta” vantato nella dichiarazione dei redditi, solo sulla quale (materiale inesistenza), peraltro indiscussa, è fondata la pretesa fiscale qui impugnata.”

AG

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