Sentenza Corte UE: Ecoballe e rottami metallici italiani fuori norma UE (Causa C-283_07)

Il valore commerciale dei rifiuti destinati al riutilizzo non è motivo sufficiente per sottrarli alle norme di protezione ambientale. Lo afferma la Sentenza della Corte di Giustizia europea (ottava sezione) 22 dicembre 2008 “Inadempimento di uno Stato – Direttiva 75/442/CEE- Art. 1 – Nozione di “rifiuto”– Rottami destinati all’impiego in attività siderurgiche- Combustibili da rifiuti di qualità elevata – Trasposizione non corretta”.

La sentenza della Corte di giustizia Ue che condanna l’Italia per non aver trasposto in modo corretto la direttiva 75/442/CEE sui rifiuti per quanto riguarda i rottami metallici e il combustibile derivato da rifiuti di qualità elevata (in gergo tecnico CDR-Q, altrimenti noto come ecoballe, derivate dalla selezione di materie plastiche e imballaggi dei rifiuti solidi urbani).

I giudici europei hanno ritenuto validi i motivi del ricorso presentato dalla Commissione europea.
L’Italia ha escluso a priori questi materiali dall’ ambito di applicazione della normativa nazionale sui rifiuti, svincolandoli di fatto dalle rigide disposizioni europee per la tutela della salute e dell’ ambiente.
In particolare, lo stoccaggio del CDR-Q negli impianti che lo utilizzano come combustibile per la produzione di energia elettrica nei termovalorizzatori, è sottoposto a misure precauzionali insufficienti che si limitano ad evitare la contaminazione dell’ aria, del suolo e dell’ acqua. La legge europea impone invece un più elevato livello di attenzioni che comprende la salvaguardia della fauna, della flora, del paesaggio e dei siti di particolare interesse, e vieta di causare inconvenienti provocati da rumori od odori. Tutto ciò vale anche per i rottami metallici ed ha un valore indipendente dalle modalità di trattamento e dalle certificazioni adottate nel processo che precede il loro riutilizzo. In breve, i rifiuti devono essere considerati tali fino al momento del loro riciclo, recupero o riutilizzo. La corretta nozione di recupero coincide quindi con il momento stesso in cui una certa sostanza tratta dai rifiuti svolge una funzione utile e può dirsi completa soltanto se ha l’ effetto di conferire al materiale in questione le medesime proprietà e caratteristiche di una materia prima e di renderlo utilizzabile nelle stesse condizioni di precauzione rispetto all’ ambiente.
Nel caso del CDR-Q cade innanzitutto l’ insostenibile obiezione di parte italiana di ritenerlo equivalente ad un vero e proprio combustibile fossile primario quanto a potere calorifico.
La sentenza ricorda tra l’altro che le modalità della sua combustione, previste in un decreto ministeriale del 2006, presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, proprio in quanto derivati da residui di consumo e non da combustibili fossili.

(LG-PaRa)

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