Sicurezza sul lavoro: chiesta per l’ Italia condanna per trasposizione incompleta della direttiva 89/391/CEE

L’ inadempimento contestato nella Causa C-65/01 2002-09-26 Commissione-Italia

Si prospetta per l’ Italia una nuova condanna da parte della Corte di Giustizia europea, dopo la sentenza del 15 novembre dello scorso anno con la quale la stessa Corte aveva censurato la normativa italiana sulla valutazione dei rischi, servizi di sicurezza e servizio di prevenzione e protezione. Questa volta, la richiesta di condanna è stata formulata nelle conclusioni dell’ avvocato generale Jean Mischo presentate il 26 settembre 2002 nella Causa C-65/01 avviata dalla Commissione delle Comunità europee contro la Repubblica italiana, per la incompleta trasposizione della Direttiva 89/391/CEE del 12 giugno 1989 ( e recepita dall’ Italia con l’ articolo 36 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 come modificato ed integrato dal Decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242) che detta i requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’ uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori. L’ Italia è stata accusata di non aver adeguatamente trasposto nella normativa nazionale alcune disposizioni di detta direttiva. La Commissione ha individuato i punti sui quali lo Stato italiano si rivela inadempiente, formulando quattro censure in violazione dell’ art. 4, n. 1, dell’ allegato I, ai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.8, censure che l’ avvocato generale ha dichiarato fondate. Secondo la Commissione, la normativa italiana conterrebbe gravi lacune, in quanto prevede come unico obbligo ” il segnale acustico convenuto ” e non contempla l’ esigenza più generalizzata concernente la possibilità pratica per gli interessati di sottrarsi con celerità alle situazioni di pericolo (P.2.1), la messa in moto di un’ attrezzatura non viene effettuata mediante un’ azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine (P.2.2), non è menzionato in alcuna delle norme nazionali il fatto che ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che consenta di arrestare, in funzione dei rischi esistenti, tutta l’ attrezzatura di lavoro, oppure soltanto una parte di essa ( P.2.3), non sono adottate misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’ esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’ integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ( P.2.8). In conclusione, per i motivi che precedono, l’ avvocato generale ha proposto alla Corte di Giustizia europea di condannare l’ Italia alle spese di giudizio

Fonte: Eur-Lex

Approfondimenti

Precedente

Prossimo