Sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 26 aprile 2005 è pubblicato il Decreto 17 febbraio 2005 del Ministero della salute relativo allAdozione di un metodo di prova relativo ai cementi in riferimento al Decreto 10 maggio 2004 che ha recepito la ventiseiesima modifica della direttiva 76/769/CEE
La direttiva 76/769/CEE relativa allimmissione sul mercato e alluso di sostanze e preparati pericolosi è stata modificata per la ventiseiesima volta dalla direttiva 2003/53/CE del Parlamento europeo del 18 giugno 2003 riguardante le restrizioni allimmissione sul mercato e alluso del Nonilfenolo, Nonilfenolo etossilato e Cemento. Tale direttiva è stata recepita dallItalia con il Decreto 10 maggio 2004.
Considerato che non esiste, allo stato, una norma di riferimento per la determinazione del contenuto di cromo VI idrosolubile presente nel cemento e che il ricorso a diverse metodologie di analisi porterebbe peraltro a risultati non confrontabili tra loro e dunque tali da generare incertezze sia per i produttori sia per gli utilizzatori e gli organi preposti alla vigilanza, il Ministero della salute ,sentito il parere dellIstituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro del 13 gennaio 2005 e il parare dellIstituto Superiore di Sanità dell11 gennaio 2005, ha emanato il Decreto 17 febbraio 2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 26 aprile 2005 relativo al metodi di prova per la determinazione, appunto, del contenuto di cromo VI idrosolubile nei cementi e nei preparati contenenti cemento. Tale metodo è descritto nellallegato 1, che fa parte integrante nel citato decreto ministeriale.
Ricordiamo che la direttiva 2003/53/CE dispone ladozione di un metodo di prova armonizzato per quanto riguarda il tenore di cromo VI idrosolubile nel cemento, individuando quale organo comunitario a ciò preferenzialmente proponibile il Comitato europeo di normalizzazione (CEN). Infatti le metodologie indicate nellAllegato 1 al decreto continueranno ad essere ritenute valide ed accettate dagli organismi di vigilanza per un periodo di sei mesi prima dellapprovazione da parte del CEN della specifica normativa tecnica armonizzata sulla materia.
Considerato che non esiste, allo stato, una norma di riferimento per la determinazione del contenuto di cromo VI idrosolubile presente nel cemento e che il ricorso a diverse metodologie di analisi porterebbe peraltro a risultati non confrontabili tra loro e dunque tali da generare incertezze sia per i produttori sia per gli utilizzatori e gli organi preposti alla vigilanza, il Ministero della salute ,sentito il parere dellIstituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro del 13 gennaio 2005 e il parare dellIstituto Superiore di Sanità dell11 gennaio 2005, ha emanato il Decreto 17 febbraio 2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 26 aprile 2005 relativo al metodi di prova per la determinazione, appunto, del contenuto di cromo VI idrosolubile nei cementi e nei preparati contenenti cemento. Tale metodo è descritto nellallegato 1, che fa parte integrante nel citato decreto ministeriale.
Ricordiamo che la direttiva 2003/53/CE dispone ladozione di un metodo di prova armonizzato per quanto riguarda il tenore di cromo VI idrosolubile nel cemento, individuando quale organo comunitario a ciò preferenzialmente proponibile il Comitato europeo di normalizzazione (CEN). Infatti le metodologie indicate nellAllegato 1 al decreto continueranno ad essere ritenute valide ed accettate dagli organismi di vigilanza per un periodo di sei mesi prima dellapprovazione da parte del CEN della specifica normativa tecnica armonizzata sulla materia.
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