Traffico illecito di rifiuti tra Italia e Malesia, la denuncia di Greenpeace

Scoperto da Greenpeace un traffico illecito di rifiuti in plastica dall’Italia alla Malesia. Nel 2019, in nove mesi, spedite illegalmente oltre 1.300 tonnellate di rifiuti, un business che mette a rischio salute e ambiente.

Nei primi nove mesi del 2019 più di 1.300 tonnellate di rifiuti in plastica sono state spedite illegalmente dall’Italia ad aziende malesi: è quanto ha scoperto Greenpeace nell’ambito dell’inchiesta condotta sul traffico di rifiuti in plastica tra Italia e Malesia.

Su 65 spedizioni avvenute in questo lasso di tempo per via diretta – 43 sono state destinate a impianti privi dei permessi per importare e riciclare rifiuti stranieri, che operano quindi senza alcun rispetto per ambiente e salute umana.

Questa situazione conferma, ancora una volta, l’inefficacia del sistema di riciclo e la necessità di adottare misure urgenti per ridurre la produzione di quella frazione di plastica, spesso inutile e superflua, rappresentata dall’usa e getta.

Nel corso degli ultimi anni, la Malesia è diventata una delle principali destinazioni delle esportazioni di rifiuti occidentali in plastica di bassa qualità e di difficile riciclo, pur essendo sprovvista di un sistema di trattamento e recupero efficace e di rigorose regolamentazioni ambientali, alimentando un mercato globale spesso illegale che interessa anche l’export di rifiuti in plastica dall’Italia.

Di fronte a questa situazione, il governo italiano non può più continuare a chiudere gli occhi, ma deve assumersi le proprie responsabilità e intervenire subito per porre fine a questi traffici illeciti di rifiuti.

“L’esportazione dovrebbe essere l’ultima ratio, una società tecnologicamente avanzata deve essere in grado di gestire i propri scarti; se non lo è, deve interrogarsi seriamente su quello che sta facendo” dichiara Paola Ficco, giurista ambientale e avvocatessa. Il punto non è, secondo la giurista, se i rifiuti plastici italiani debbano essere spediti in Malesia “il punto è che questi rifiuti non dovrebbero essere spediti all’estero”. Peccato che la realtà documentata da Greenpeace sia ben diversa.

Fonte: Greenpeace

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