UE, verso l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Con la firma di ratifica da arte della Repubblica Ceca cominci la nuova fase dell’Unione europea che, per la prima volta nella sua storia, acquista una propria personalità giuridica. Una svolta istituzionale che allarga letteralmente i confini delle decisioni politiche comuni ai confini dell’Europa, unita in un unico soggetto, capace di interloquire con una sol parola nelle relazioni internazionali e di firmarne i Trattati.

L’adesione al trattato di Lisbona – che entrerà in vigore una volta depositati tutti gli strumenti di ratifica da parte di ogni singolo stato, cioè, nelle previsioni del Presidente Barroso, tra dicembre e gennaio prossimi – prevede l’istituzione delle figure del Presidente del Consiglio europeo e dell’Alto rappresentante degli affari esteri, con compiti inediti sino al livello dell’Unione.

I punti salienti del Trattato sono i seguenti:
Finisce la rotazione semestrale del Presidente che durerà in carica, d’ora in poi, per due anni e mezzo, con il potere di rappresentare l’Unione nelle sedi internazionali e il compito specifico di garantire la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio e di ricercare il consenso.
L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (una sorta di ministro degli esteri dell’intera UE), avrà il doppio incarico di mandatario del Consiglio per la politica estera e la politica di sicurezza comune, cosiddetta PESC, e di vicepresidente della Commissione, responsabile delle relazioni interne. In quanto incaricato di condurre sia la politica estera che la politica di difesa comune, presiederà il Consiglio Affari esteri.

Maggiori poteri anche per il Parlamento europeo, che interverrà in maniera determinante soprattutto nelle aree di giustizia, sicurezza, immigrazione, trattati internazionali e bilancio e il cui numero di componenti che sarà ridotto ad un massimo di 751 (a fronte dei 785 attuali). Il numero dei deputati sarà determinato in base al numero degli abitanti di ogni singolo paese, secondo il principio per il quale i Paesi più popolosi rappresentano un numero di cittadini più elevato di quelli dei Paesi con un minor numero di abitanti.

Contestualmente, acquistano peso diverso i Parlamenti nazionali, la cui compattezza permetterà di elaborare autonomamente quelle iniziative legislative che i singoli Paesi ritengono siano da stabilire a livello locale, regionale o nazionale. Tanto che sarà la Commissione, in questo caso, a ritirare la sua iniziativa legislativa o a spiegare chiaramente i motivi per i quali ritiene che la sua iniziativa sia conforme al principio di sussidiarietà.

Anche i cittadini avranno più motivi per sentirsi europei. Alla partecipazione espressa con la chiamata alle urne per la scelta dei parlamentari europei si aggiunge l’importante possibilità di incidere sulle scelte politiche dell’Unione. Un milione di cittadini europei, di un certo numero di Stati membri, possono invitare la Commissione a presentare una proposta nei settori di competenza nell’UJE, trasformando così in valide azioni transnazionali la capacità decisionale di un popolo che così può ben chiamarsi europeo.

Uno spazio importante tra gli obiettivi comuni dei 27 Paesi componenti l’Unione è dato alla politica energetica e alla politica ambientale. Viene introdotto per la prima volta il principio di solidarietà, per far sì che un Paese che si trovi in gravi difficoltà per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico possa contare sull’aiuto degli altri Stati membri. Viene promossa la cooperazione operativa tra i Paesi per prevenire dalle calamità naturali o provocate dall’uomo. In campo sanitario, viene prevista la possibilità di introdurre misure volte a tutelare la salute dei cittadini, ad esempio in relazione al tabacco e all’abuso di alcool, mentre vengono incentivati gli Stati membri a predisporre misure di sorveglianza e di allarme contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, come, ad esempio, l’influenza aviaria.

(LG-FF)

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