Un anno dopo Fukushima i superstiti chiedono giustizia.

Un anno dopo Fukushima i superstiti chiedono giustizia. Per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale si guarda al futuro con pessimismo

Il nuovo Giappone post-atomico, a un anno dallo tsunami che ha causato oltre 19mila morti e la crisi nella centrale nucleare di Daiichi, vive già nell’incubo della prossima catastrofe.

Il Paese si è fermato per ricordare i defunti e chiedere giustizia per i sopravvissuti nelle tre prefetture sconvolte.

I giapponesi però sono costretti a pensare anche al futuro e per la prima volta, dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, la maggioranza si dichiara convinta che “la nazione non potrà più riconquistare il benessere perduto”.

Gli effetti dell’11 marzo 2011 sono uno shock.

La terza potenza economica del mondo è entrata in recessione, con un Pil annuo a meno 0,7%. Il bilancio delle partite correnti, in gennaio, ha registrato un rosso di altri 4 miliardi di euro. Entro aprile tutte le 54 centrali atomiche saranno chiuse, i costi per l’acquisto di energia dall’estero esplodono, la crisi di Europa e Usa, assieme al caro yen, frena le esportazioni e l’invecchiamento record della popolazione pesa su debito pubblico già superiore al 200%.

E’ però il nuovo allarme degli scienziati a scuotere oggi una nazione divisa tra dolore, paura e rabbia.
Analisi e simulazioni rivelano che il Giappone potrebbe essere presto investito da calamità naturali ancora peggiori rispetto al terremoto del nono grado Richter, che un anno fa sollevò dal Pacifico un’onda anomala superiore a 10 metri. Secondo i ricercatori del governo, un sisma simile a quello che ha raso al suolo le coste del Nordest “può ripetersi in ogni momento”, sempre nella parte orientale dell’Honshu, ma più a sud.

Qui si trovano le aree metropolitane più popolate del pianeta e secondo le stime tra Tokyo e Osaka si potrebbero contare oltre 200mila morti. La sismologia non può prevedere tempi e intensità dei terremoti. Analisi delle faglie nella fossa di Nankai e statistiche hanno però autorizzato il governo a proclamare l’allerta in una fascia industriale che rappresenta un terzo del Pil nazionale.


(Red)

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