8 marzo: sentenza Cassazione epiteti denigratori, non sono avances ma offesa alla dignità della persona

Quinta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza 8761/2013

Fonte: Sole24Ore.

Gli apprezzamenti, quando accompagnati da epiteti denigratori, non sono ‘avances’ ma “un’offesa alla dignità della persona”.

Basta quindi provocazioni alle colleghe.

La Cassazione, con la sentenza 8761/2013, esaminando il ricorso di una donna che si sentiva offesa dall’epiteto “pornodiva” rivoltole da un collega, ha annullato con rinvio una sentenza con cui il tribunale di Massa che aveva assolto l’uomo, un dipendente delle Poste, con la formula “il fatto non costituisce reato”.

La quinta sezione penale ha accolto il ricorso, presentato ai soli effetti civili, della donna che si è sentita ingiuriata dalla frase: “Ah, c’è anche la pornodiva sulla piazza”. L’imputato in primo grado era stato condannato dal giudice di pace a pagare 400 euro di multa più i danni, ma in appello, il tribunale aveva ritenuto il fatto una “condotta scherzosa”.

Secondo il giudice di secondo grado, infatti, era emerso dalle testimonianze che alla collega venissero rivolte “avances” da altri colleghi, e che lei le tollerasse sorridendo.

La Suprema Corte ha invece sottolineato come il fatto che “una donna possa tollerare delle avances più o meno tra il serio e il faceto non comporta affatto che ella si debba considerare disposta a farsi prendere a male parole”.

Inoltre “l’avere risposto con un sorriso alla condotta scherzosa di un collega non autorizza affatto un altro uomo a ritenere che le sue battute siano altrettanto tollerate, o addirittura gradite”.

Fonte: Sole24ore

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