In oltre quattro anni di attività, l’Agenzia insieme ai 22 partner scientifici ha valutato e monitorato – con test di laboratorio e sul campo – l’impatto di mais e patate OGM su agricoltura ed ecosistema. Oltre a seguire tutte le attività di ricerca, l’ENEA ha studiato anche alcune specie di insetti tipici degli agroecosistemi del Mediterraneo, per valutare eventuali rischi ambientali.
“Tra i principali risultati ottenuti – spiega Salvatore Arpaia, responsabile del progetto AMIGA per l’ENEA – la messa a punto di procedure standardizzate e modelli per la valutazione della bio-sicurezza delle piante transgeniche sia in laboratorio che in campo, testati nei diversi agro-ecosistemi europei. Inoltre – prosegue il ricercatore – Summer School su ‘OGM e impatti sull’agricoltura’ per giovani studenti, ricercatori e dottorandi”.
Le coltivazioni di piante geneticamente modificate nel mondo – soprattutto mais, cotone, soia, colza e barbabietola da zucchero – occupano una superficie di 185 milioni di ettari, pari a circa il 10% di tutto il terreno agricolo. A guidare la classifica dei maggiori produttori gli Stati Uniti con 70 milioni di ettari, seguono Brasile, Argentina, India e Canada.
In Europa la coltivazione è ristretta ad una sola varietà di mais (MON810), coltivato in larghissima parte in Spagna (137 mila ettari su un totale Ue di 150 mila), ma recentemente la Commissione Ue ha dato il via libera all’importazione di 19 prodotti OGM (tre tipi di mais, cinque di soia, due di colza, sette di cotone e due di fiori ornamentali).