Cassazione Penale: infortunio durante il recupero delle reti a strascico, responsabilità del comandante e dell’armatore

Cassazione Penale, Sez. 4, 08 novembre 2022, n. 42034 – Infortunio mortale del marinaio durante l’operazione di recupero delle reti a strascico: responsabilità del comandante e dell’armatore dell’imbarcazione.

 

La Corte di Appello ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei confronti del comandante e dell’armatore dell’imbarcazione in relazione al reato previsto dall’art.589 cod. pen., aggravato dalla violazione degli artt.71, comma 1, d. lgs. 9 aprile 2008, n.81 e 6 d. lgs. 27 luglio 1999, n.271 (P.R.) e degli artt.6 e 7 d. lgs. n.217/99 (G.C.W.) per avere cagionato per colpa il decesso del marinaio che, mentre eseguiva l’operazione di recupero delle reti a strascico, era scivolato sulla campana del verricello ed era rimasto impigliato nel sistema di avvolgimento della rete; in particolare, per non aver dotato il lavoratore del necessario dispositivo di protezione individuale (caschetto), per aver omesso di attuare misure tecniche e organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’impiego delle attrezzature di lavoro, per aver omesso di formare ed informare il lavoratore dei rischi specifici connessi all’attività svolta.
Gli imputati ricorrono per cassazione.

Sulla base delle acquisizioni fattuali, anche i giudici di appello hanno ritenuto che tanto l’armatore quanto il comandante dell’imbarcazione, nell’ambito delle rispettive competenze, avessero violato:
– l’art.6, comma 5 lett. q), d. lgs. n.271/99, che prescrive ad entrambi di «attuare misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’impiego delle attrezzature di lavoro presenti a bordo ed impedire che queste vengano utilizzate per operazioni o in condizioni per le quali non sono adatte», specificando che tali misure si sarebbero sostanziate nell’installazione di sistemi di protezione di tutti gli spazi del verricello che potessero costituire pericolo, come ad esempio quello esistente tra le campane e il tamburo, così come nell’approntamento di un sistema di azionamento del verricello tale da consentire che non restasse costantemente in funzione quando l’operatore non era a distanza di sicurezza;
– l’art.6, comma 5 lett.g), d. lgs. n.271/99, che prescrive ad entrambi di «fornire ai lavoratori marittimi i necessari dispositivi individuali di sicurezza e di protezione, conformi alle vigenti norme e mantenerne le condizioni di efficienza », specificando che il dispositivo di protezione individuale necessario era il caschetto, la cui adozione avrebbe evitato che la testa del marinaio rimanesse intrappolata nel meccanismo di recupero della rete.
Se anche si è ritenuto provato che la vittima avesse perso l’equilibrio a causa del mare mosso e della coperta scivolosa, la circostanza che il lavoratore fosse scivolato rimanendo incastrato nello spazio presente tra la campana e il carter, mentre la campana era in continuo movimento di rotazione, si è ritenuta dimostrativa, con argomentazione del tutto congrua, del fatto che la morte fosse conseguenza anche della violazione di norme in materia di sicurezza sul lavoro, oltreché di generica negligenza mostrata dagli imputati con l’accettazione della prassi di inserire un chiodo per mettere in folle il motore e consentire alle campane di girare continuamente, specie nello spazio di soli 38 centimetri presente nel corridoio di passaggio tra la prua e la poppa del peschereccio. Ove le norme prevenzionistiche fossero state rispettate, si legge nella sentenza, l’evento sarebbe stato evitato con apprezzabile possibilità.
Con riguardo al nesso causale, la Corte ha ritenuto che rientrasse nell’area di rischio che entrambi gli imputati erano chiamati a governare evitare che nelle condizioni di mare grosso e di pavimento scivoloso della coperta del peschereccio si verificassero eventi del genere di quello concretizzatosi in quanto, tanto le condizioni metereologiche quanto la scivolosità della coperta del natante conseguente al recupero a bordo del pescato, non integrano quel rischio eccentrico che determina l’innescarsi di un percorso causale del tutto autonomo rispetto a quello attivato dalla condotta del garante.
Sotto il profilo della violazione di regole cautelari, segnatamente l’art.6, comma 5 lett.q) e lett. g) d. lgs. n.271/99, la Corte ha evidenziato trattarsi di obblighi gravanti tanto sull’armatore quanto sul comandante della nave.

Fonte: Olympus.uniurb

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