Cassazione Penale: infortunio durante l’estrazione di un chiodo e responsabilità del preposto di fatto

Cassazione Penale, Sez. 4, 28 dicembre 2023, n. 51459 – Colpito ad un occhio durante l’estrazione dell’ultimo chiodo dal muro. Responsabilità del preposto di fatto.

 

La Corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva ritenuto l’imputato colpevole dei reati di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3/(capo A) e di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 art. 19, comma 1, lett. a), (capo C)) e concesse le circostanze attenuanti generiche.
Il procedimento ha ad oggetto l’infortunio sul lavoro occorso al lavoratore mentre era intento a compiere un lavoro nel cantiere in cui era presente la ditta di cui era dipendente. Al lavoratore era stato richiesto dall’imputato, in qualità di capo squadra, di tagliare una fila di chiodi in acciaio infissi in una parete di calcestruzzo lunga circa 30 m, lavorazione compiuta dapprima mediante una macchina smerigliatrice detta flex grande, quindi, non riuscendo a togliere l’ultimo chiodo, ed in mancanza dell’attrezzo idoneo ovvero una flex piccola, utilizzando un martello con cui dava un colpo al chiodo che spezzatosi rimbalzava contro il muro trasversale attingendolo all’occhio. In quel momento il lavoratore era privo di occhiali protettivi sicchè l’impatto provocava una lesione “trauma bulbare perforante OD” che rendeva necessario un intervento chirurgico con prognosi di 283 giorni.
Il giudice di primo grado ha concluso che sull’imputato gravava un obbligo di sovraintendere sull’osservanza degli obblighi di legge da parte dei lavoratori in quanto investito dei poteri di superiore diretto quale preposto di fatto. Lo stesso era capo squadra all’interno del cantiere e dipendente della stessa ditta dell’infortunato che eseguiva lavori in subappalto. Pertanto lo stesso doveva vigilare sulle modalità di svolgimento del lavoro e pretendere che fossero utilizzati i dispositivi di protezione individuale, obbligo che nella specie non è stato osservato. Anche il giudice di appello ha fondato il giudizio di responsabilità nei confronti dell’imputato sulla circostanza che lo stesso quale capo squadra era colui che doveva ripartire quotidianamente i compiti e poteva e doveva pretendere l’osservanza delle disposizioni in materia antinfortunistica.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

Il ricorso va rigettato.
(…) Quanto alla responsabilità dell’imputato in relazione al ruolo dal medesimo ricoperto nella vicenda per cui è processo, va rilevato che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione nell’organigramma dell’azienda. In altri termini, pur in mancanza di un’investitura formale, il preposto di fatto è colui che esercita in concreto gli stessi poteri di un preposto assumendo di conseguenza la relativa posizione di garanzia dovendo assicurare la sicurezza del lavoro e sovraintendere alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute dal datore di lavoro.
Ebbene, nella specie, l’imputato ricopriva tale ruolo ed oltre ad essere presente in cantiere era tenuto a vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori, assicurandosi dell’utilizzo dei dispositivi antinfortunistici, a maggior ragione a fronte di una manovra oggettivamente pericolosa, quale era quella di togliere un chiodo da un muro utilizzando uno strumento del tutto inappropriato, per il potenziale distacco di schegge con pericolo di offesa agli occhi, dovendo in assenza delle dovute cautele ordinare la sospensione dei lavori.
Vigilanza che nella specie si rendeva tanto più esigibile e pregnante proprio in ragione della coesistenza di più ditte nello stesso cantiere e di un contesto in cui si incrociavano e si sovrapponevano le mansioni ed i ruoli ed in cui la specifica lavorazione sembrava dover essere ultimata con urgenza.
Proprio detta situazione richiedeva, pertanto, una maggiore vigilanza sul corretto utilizzo dei presidi infortunistici (occhiali antinfortunistici), tanto più se, come riferito dal lavoratore infortunato, questi li teneva sopra l’elmetto, essendo esigibile da parte del preposto, anche per la sua vicinanza alle fonti di rischio, una costante vigilanza sull’operato dei lavoratori presenti nel cantiere.

Fonte: Olympus.uniurb

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