Cassazione Penale: mancata formazione e omessa vigilanza sul corretto uso di un dispositivo di sicurezza

Cassazione Penale, Sez. 4, 22 agosto 2023, n. 35278 – Infortunio mortale del lavoratore alla guida di una trattrice a cingoli. Mancata formazione e omessa vigilanza sul corretto uso del telaio di sicurezza antiribaltamento.

 

Con sentenza della Corte di appello, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale, ha ridotto la pena inflitta all’imputato in relazione alle già concesse circostanze attenuanti generiche.
L’imputato, nella qualità di datore di lavoro, è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 589 c.p. per avere cagionato la morte del lavoratore per colpa, consistita in negligenza e imperizia, e per violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolar modo per non aver informato adeguatamente e sufficientemente la vittima sui rischi riferiti alle sue mansioni e ai possibili danni, nonchè alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda, altresì non vigilando in ordine all’uso e all’osservanza dei dispostivi di protezione e sulle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, ed in specie sul corretto uso del telaio di sicurezza antiribaltamento del quale era dotato il trattore oggetto dell’infortunio, non essendo risultato conforme alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento della normativa comunitaria, in particolar modo perchè carente di cinture di sicurezza ancorate alla parte fissa del trattore.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile in cui è da ritenersi si sia verificato l’evento mortale.
E’ stato, infatti, adeguatamente esplicato, con ragionamento congruo ed esente da ogni illogicità, come – in antitesi a quanto ritenuto dal ricorrente – non possano esservi dubbi di sorta in ordine al fatto che, per come giudizialmente accertato: il terreno teatro del sinistro, su cui il lavoratore stava svolgendo il lavoro di erpicatura, presentava una non irrilevante pendenza media del 25%, peraltro presentandosi nel giorno dell’incidente come particolarmente fangoso, e quindi imponendo l’adozione di una particolare cautela nell’espletamento del lavoro; l’arco di protezione antiribaltamento presente sulla trattrice utilizzata dalla vittima era abbassato e addirittura fermato con appositi ganci, senza che vi fosse alcun presidio di trattenuta del conducente sul sedile di guida; il mezzo aveva effettuato una rotazione non di soli 90 gradi, per come ritenuto dal ricorrente, bensì di 270, per come evincibile dalla posizione di quiete finale assunta dalla trattrice e dal corpo della vittima, considerato che, ove il mezzo si fosse semplicemente adagiato sul lato sinistro, con rotazione di soli 90 gradi, “il corpo del suo conducente avrebbe dovuto essere semplicemente ed invariabilmente solo scaricato indenne nel detto lato sinistro e giammai sovrastato e sepolto dallo stesso”.
In ragione delle rappresentate argomentazioni, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che le censure mosse dall’imputato con riguardo all’erroneità della ricostruzione dei fatti ed alla mancata considerazione di alcuni decisivi elementi di valutazione si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione resa, appare del tutto infondato.
D’altro canto, gli elementi dedotti dal ricorrente possono, al più, valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di certo a ribaltarne l’esito in modo univoco, con ciò che ne consegue in termini di affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Priva di ogni pregio è poi anche la doglianza con cui l’imputatto ha contestato la ritenuta mancata sussistenza di una formazione adeguata e sufficiente impartita al lavoratore sul presupposto che al momento della verificazione del sinistro non fosse ancora consolidata la norma del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 37, comma 1, lett. b), che ha imposto lo svolgimento di una formazione del lavoratore in materia di salute e sicurezza della durata minima 120 ore. Risulta corretta, infatti, la valutazione espressa dalla Corte di merito per cui l’indicata disposizione, al momento del fatto, era perfettamente vigente, conseguentemente imponendo al datore di lavoro l’onere, da questi non osservato, di sottoporre il lavoratore alle proprie dipendenze ad un periodo formativo almeno corrispondente al monte ore minimo indicato dalla suddetta previsione normativa.
Stesso giudizio di manifesta infondatezza deve essere espresso alla doglianza, con cui il ricorrente ha contestato la decisione con cui la Corte di appello ha ritenuto di non dover ricorrere all’espletamento di una perizia tecnica finalizzata alla ricostruzione dell’esatta dinamica dell’incidente mortale. Orbene, il Collegio rileva come la Corte di merito abbia contrariamente ritenuto, con argomentazione del tutto logica e adeguata, come non vi fosse la necessità di disporre l’invocata perizia, tenuto conto del “copioso materiale disponibile di natura dichiarativa e documentale, che non lascia trasparire alcuna incompletezza meritevole della rinnovazione istruttoria richiesta”.
In ordine, poi, alla doglianza con cui l’imputato ha contestato la ricorrenza dei profili di colpevolezza ascrittigli, per non essere configurabile l’elemento soggettivo del reato, stante l’univoca riferibilità eziologica dell’evento all’eccentrica ed imprevedibile condotta posta in essere dal lavoratore, che, benchè reso edotto dei rischi correlati, avrebbe del tutto inopinatamente abbassato il dispositivo antiribaltamento della trattrice, il Collegio rileva come la censura risulti del tutto infondata, in quanto palesemente contraddetta dalle logiche e giuridicamente corrette esplicazioni rese da parte dei giudici di merito, che hanno debitamente rappresentato le ragioni di configurazione della colpevolezza del datore di lavoro, quale garante dell’incolumità fisica del suo dipendente, dovendosi a lui imputare – sotto i diversi profili della mancata adeguata formazione del lavoratore, dell’omesso controllo delle specifiche condizioni di lavoro e della messa a disposizione di una trattrice non del tutto a norma – anche l’avvenuto utilizzo del mezzo con il sistema di antiribaltamento abbassato.
Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando, diversamente dal caso di specie, la condotta del dipendente sia abnorme, dovendosi definire tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

Fonte: Olympus.uniurb

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