Cassazione Penale: medico indotto in errore per evitare il certificato di infortunio sul lavoro

Cassazione Penale, Sez. 5, 04 maggio 2022, n. 17810 – Art. 479 cod. pen.: falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Indotto in errore il medico che redige il certificato parlando di caduta in casa invece che di infortunio sul lavoro.

Le dichiarazioni del paziente hanno indotto in errore il medico il quale ha formato un atto pubblico falso nella parte relativa alla origine causale della malattia, ricondotta a una caduta accidentale in casa invece che a un infortunio sul lavoro.
Il referto medico è un atto pubblico (cfr. Sez. U, 6752 del 16/04/1988, Giordani, Rv. 178541; Sez. 5, n. 12213 del 13/02/2014, Amoroso, Rv. 260208 e Sez. 6, n. 12401 del 01/12/2010, dep. 2011, Langella, Rv. 249633). Il medico del pronto soccorso è un pubblico ufficiale. La falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale su tali tipologia di atti è punita dall’art. 479 cod. pen.
Nella specie l’art. 479 cod. pen. è stato collegato alla previsione dell’art. 48 cod. pen., a mente del quale quando l’agente sia indotto in errore sul fatto costituente reato «del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo».
Lo schema normativo risultante dalla combinazione degli articoli indicati viene, così, a configurare una fattispecie particolare di falsità ideologica, che, come fa notare autorevole dottrina, vede capovolto il normale rapporto tra falso e inganno, in quanto è il secondo a precedere il primo. In questi casi, infatti, un soggetto (autore immediato), indotto in errore da altri (autore mediato), si forma ed esterna una falsa rappresentazione della realtà, dando corpo agli estremi oggettivi di un delitto di falso ideologico, di cui non risponde per mancanza di dolo, ma che viene addebitato all’autore dell’inganno. E poiché sovente lo stesso inganno consiste di una falsa dichiarazione compiuta dall’autore mediato e supposta vera dall’autore immediato, ne consegue che questa peculiare fattispecie richiede una falsità (quella commessa dall’autore mediato), che sia causa di un’altra falsità (quella commessa, inconsapevolmente, dall’autore immediato).

Nella fattispecie in rassegna il lavoratore vittima dell’infortunio, autore mediato, su istigazione del marito della amministratrice dell’azienda, ha rilasciato al medico, pubblico ufficiale, una falsa dichiarazione circa l’origine causale delle lesioni.
Secondo ius receptum le false dichiarazioni del paziente configurano induzione in errore del sanitario che, ingannato, realizza il falso ideologico in atto pubblico (si veda Sez. 6, n. 896 del 01/07/2014, dep. 2015, Panarello, Rv. 262047, in tema di simulazione di disturbi di rilevanza psichiatrica, e Sez. 5, n. 32759 del 29/05/2014, D’Angelo, Rv. 261746 in tema di certificati di malattia relativi a sinistri mai verificatisi); in particolare Sez. 5, n. 37971 del 20/06/2017, Franco, Rv. 270915, ha ritenuto integrato il reato in rassegna dalla falsa dichiarazione resa dal paziente al medico del pronto soccorso circa l’origine causale delle lesioni lamentate e sottoposte all’esame dei sanitari.
Tale ultima sentenza, posta a base della pronuncia di condanna di primo grado, non è affatto isolata (come erroneamente ritiene la Corte distrettuale), poiché si colloca in seno a un orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione che, negli ultimi anni, non registra pronunce difformi (cfr. tra le ultime Sez. 5 n. 31514 del 06/05/2021, Bottari, n.rn.).

Discende che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello.

Fonte: Olympus.uniurb

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