Cassazione Penale, Sez. 4, 16 maggio 2025, n. 18437 – Omessa manutenzione alle presse piegatrici. Mancanza di misure organizzative e mezzi adeguati a ridurre i rischi conseguenti alla movimentazione manuale di carichi.
La Corte di appello ha confermato la pronuncia del Tribunale con cui l’imputato era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione, in quanto ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 590, comma 3, cod. pen.
All’imputato, in particolare, era stato contestato di avere, nella qualità di datore di lavoro e titolare della carpenteria, per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonché per violazione della normativa a prevenzione degli infortuni sul lavoro prevista dagli artt. 71, comma 4, e 168, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, omesso di prendere le misure necessarie a garantire la permanenza dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro, ossia di effettuare regolare manutenzione alle presse piegatrici ovvero di disporne la relativa dismissione, altresì omettendo di adottare le misure organizzative necessarie, con fornitura al lavoratore infortunato di mezzi adeguati a ridurre i rischi conseguenti alla movimentazione manuale di carichi, in tal maniera cagionando al suddetto lesioni personali gravi.
Nello specifico, il lavoratore aveva torto, nel tentativo di effettuarne la relativa piegatura, una lamiera a forma rettangolare di acciaio della misura di mt. 1,70 x 0,65, con spessore di mm. 15 e peso di circa Kg. 60, in conseguenza dell’utilizzo di una pressa non compatibile con la misura di tale lamiera. Per l’effetto, in adesione alle disposizioni impartitegli dal datore di lavoro, il lavoratore aveva portato la lamiera su di un’altra pressa, allo scopo di eliminarne le deformazioni e di poterla raddrizzare, ove tuttavia, dopo averla posizionata sui profilati del basamento della raddrizzatrice mediante l’utilizzo manuale di un palanchino metallico, tale utensile aveva perso aderenza con la lamiera, facendola poggiare sul basamento in modo tale da procurargli lesioni personali.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato.
Il Collegio ritiene che i motivi dedotti dal ricorrente non siano manifestamente infondati, per cui deve, conseguentemente, prendere atto dell’intervenuta prescrizione del reato, pronunciando l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Non manifestamente infondato, in particolare, è il motivo di doglianza con cui il ricorrente ha lamentato vizio di motivazione in ordine all’omesso riconoscimento in suo favore della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen., non avendo la Corte di merito espresso valutazione anche su aspetti quali l’episodicità del fatto, avvenuto in un contesto di non particolare insicurezza, e la condotta tenuta dall’imputato successivamente alla commissione del reato, consistita nell’effettuato adempimento delle prescrizioni impartite dagli organi di vigilanza dell’ASL, e nell’avvenuto pagamento dell’oblazione, con conseguente estinzione delle violazioni infortunistiche contestategli.
Ne deriva la non manifesta infondatezza del motivo indicato, che fa ritenere ben radicato il grado di giudizio dinanzi a questa Corte di legittimità, inducendo alla conseguente declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
È, poi, appena il caso di sottolineare come la maturata prescrizione renda superfluo ogni possibile approfondimento nel merito. Ed infatti, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è ben noto che, secondo consolidato orientamento di questa Corte, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275-01).
Non ricorrono, infine, le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito exart. 129, comma 2, cod. proc. pen., tenuto conto delle congrue e non illogiche valutazioni rese dalla Corte di merito nella sentenza impugnata.
Non emergendo, dunque, all’evidenza circostanze tali da imporre, quale mera “constatazione” (cioè presa d’atto), la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, in motivazione), discende, di necessità, la pronunzia dell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
Fonte: Olympus.uniurb