Donne lavoratrici – Prevenzione e Rischi sul Lavoro: risultati indagine

Pubblichiamo i risultati dell’indagine “Donna P.E.R.LA. – Prevenzione e Rischi sul LAvoro”, condotta da CGIL Piemonte, CISL Piemonte, UIL Piemonte e Regione Piemonte, relativi alle condizioni di salute e sicurezza delle donne lavoratrici in alcune realtà della Regione Piemonte.

Pubblichiamo i risultati dell’indagine “Donna P.E.R.LA. – Prevenzione e Rischi sul LAvoro”, condotta da CGIL Piemonte, CISL Piemonte, UIL Piemonte e Regione Piemonte, relativi alle condizioni di salute e sicurezza delle donne lavoratrici in alcune realtà della Regione Piemonte.

Le donne sono meno rappresentate in ruoli decisionali elevati e meglio retribuiti; le gerarchie sono chiaramente dominate dagli uomini.

Oltre il 63% dei lavoratori europei ha un diretto superiore maschio, solo il 23% lo ha femmina.

L’approccio sociologico al problema segue due teorie principali, quella della costrizione (constraint), secondo la quale la segregazione lavorativa deriva da un atteggiamento preconcetto dei datori di lavoro, e quella della scelta (choice), per cui la segregazione dipende dalle preferenze delle lavoratrici e dei lavoratori (Yodanis, 2000).

Secondo West & Zimmerman (1987) è possibile individuare un nesso fra la scelta e la costrizione. Il lavoro è uno dei mezzi principali attraverso cui gli individui costruiscono la propria identità di genere; essi modellano la volontà verso le preferenze sociali e le donne diventano donne anche in quanto svolgono il lavoro che svolgono, così come accade per gli uomini.
In questa definizione di identità i comportamenti degli individui si adattano ai
dettami sociali e le donne imparano ad avere un atteggiamento più remissivo e
condiscendente, mentre gli uomini vengono riconosciuti nella loro mascolinità quando sono aggressivi e intraprendenti (Pierce, 1995).
La conseguenza principale di questi meccanismi psicologici e sociali è la segregazione lavorativa, con un più probabile accesso al potere e alla ricchezza per gli uomini.

Negli ultimi anni la segregazione lavorativa si è modificata a causa della spinta che il mercato del lavoro ha esercitato sulle donne: la rinuncia al lavoro casalingo non retribuito per lavori esterni pagati ha redistribuito almeno parzialmente i carichi familiari fra uomo e donna, ma ha lasciato emergere potentemente la segregazione nei lavori retribuiti e le relazioni di potere, sistematicamente distorte a favore del genere maschile (Cohen, 2004).

I settori a maggior concentrazione femminile sono quelli del servizio domestico e
alberghiero, della salute, del commercio, dell’istruzione.
Gli uomini, invece, si concentrano soprattutto nei settori delle costruzioni, manifatturiero, dei trasporti, agricolo e finanziario.

Poche sono le attività che possono essere definite realmente miste.
In particolare, la partecipazione femminile è concentrata in ditte di piccole dimensioni, oppure in ambito pubblico.

Fra il 60 ed il 70 per cento delle posizioni apicali è occupato da uomini. Nell’analisi della segregazione orizzontale, Messing (1998, 1999) ha rilevato che anche in ambiti lavorativi diversi vi è una tendenza a far svolgere agli uomini mansioni con un rischio maggiormente visibile, ma non necessariamente maggiore.

La segregazione comporta un’esposizione diversa per tipologia di rischi lavorativi, intensità e durata. In sintesi, sempre secondo Messing (1999), il lavoro femminile è caratterizzato da azioni ripetitive, monotone, con uno sforzo statico e
multiple responsabilità contemporanee che minacciano sia la salute fisica, sia quella mentale; gli spazi, gli equipaggiamenti e i ritmi di lavoro derivano da un’organizzazione del lavoro e una dotazione d’attrezzatura creati per una popolazione maschile. La segregazione delle mansioni tra lavoratore e lavoratrice rende il lavoro più monotono, nel quale le mansioni sono rigidamente assegnate ed espone sia i maschi che le femmine a rischi maggiori per la ripetizione degli interventi di propria competenza.

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