Ecosistema Urbano 2009 di Legambiente.

Nei giorni scorsi la nota associazione ambientalista ha presentato il Dossier Urbano 2009 realizzato con la collaborazione scientifica dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole “4 Ore.

In premessa al Rapporto si legge che “tra la prima e l’ultima classificata nel rapporto Sistema urbano di quest’anno c’è un baratro. I migliori progrediscono, i peggiori sembrano qusi arretrare. Le distanze non si attenuano: si esagerano. Allora merita gettare uno sguardo sugli ultimi, che nel nostro caso non sono necessariamente i più poveri (in parte, si, sono le città a più basso reddito), ma quelli che peggio curano le loro risorse ambientali.

Le ultime 14 città di questo anno (non sono molto diverse da quelle del 2007 o anche del 2003) sono tutte di cinque regioni: Sicilia (7), Calabria (3), Lazio (2), Campania (1). E,a sorpresa, Matera: ma in questo caso si tratta di una posizione che dipende da carenza di dati.

Attenzione però: il divario segue in gran parte i confini tra Nord e Sud, m senza automatismi. Un po’di città meridionali (e praticamente tutta la Sardegna) hanno prestazioni complessive migliori delle medie nazionali dei singoli indicatori e di città del centro-nord.

Sgombriamo il campo dall’idea che queste città siano “in ritardo” perché (o solo perchè) a più basso reddito: Frosinone – ultima in classifica – ha lo stesso prodotto interno lordo pro capite di Verbania, che è invece tra le prime cinque, Catania (la terzultima) ha un pil pro capite superiore a Campobasso (che è 63 posizioni sopra nella classifica), Catanzaro ha un reddito pro capite superiore a Cagliari ma più di 15 punti in meno nella classifica di qualità ambientale.

E quando guardiamo li indici più caratteristici dei consumi (i consumi elettrici, la produzione di rifiuti, le auto pro capite e i consumi di carburanti) questo gruppo di città non si configura come eccezionalmente svantaggiato: il numero di auto pro capite è perfettamente allineato alla media nazionale, i consumi elettrici domestici anche (solo meno 1%), la produzione di rifiuti urbani pro capite è inferiore appena del 7% e i consumi di carburante del 10% (ma si tratta di aree dove incide molto meno che nella media nazionale il trasporto merci).
Inoltre, nonostante fattori di pressione leggermente più bassi, in queste città i problemi ambientali non sono meno urgenti. Anche senza scomodare l’abusivismo e lo smaltimento illegale di rifiuti, in questi centri urbani la qualità dell’aria e quella delle acque potabili sono peggiori della media nazionale.

Ma dove la distanza diventa eclatante è su tutti quegli indicatori che chiamano in causa la qualità delle politiche e del governo. L’infrastrutturazione ambientale è decisamente meno sviluppata della media nazionale: sol no depurate il 70% delle acque contro una media dell’85%, la capacità di trasporto pubblico è meno della metà della media nazionale (nelle classi demografiche corrispondenti), la disponibilità di verde urbano è addirittura del 60%. Le politiche ambientali attive sono deboli se non inesistenti: la raccolta differenziata è a un terzo della media nazionale (ancora sotto gli obiettivi di legge), zone a traffico limitato e piste ciclabili sono quasi inesistenti (il 15% della già modesta media nazionale), le azioni ambientali positive (acquisti verdi, politiche di risparmio energetico, ecc.) hanno una diffusione largamente inferiore anche alla media nazionale.

Dietro le città che migliorano o che peggiorano nella loro qualità ambientale ci sono poche condizioni “oggettive”.c?è la qualità del governo. C’è la qualit-à delle politiche del governo locale e anche (e non ultimo) la qualità della cultura locale:Questo – e niente altro –spiega perché qualcuno migliora, molti invecchiano, altri addirittura peggiorano.

(LG-FF)

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